La cucina italiana ha un’impronta fortemente cittadina: fin dal Medioevo, le città hanno costruito attorno a sé, nelle campagne circostanti, un ‘distretto’ politico ed economico basato sul controllo urbano delle risorse rurali. A cominciare da quelle alimentari. In questo modo la cultura cittadina si è impadronita della cultura contadina, dominandola e, al tempo stesso, incaricandosi di rappresentarla. Ecco perché le specialità alimentari – i prodotti di territorio, le ricette gastronomiche – hanno, in Italia, molto spesso denominazioni cittadine. Il tartufo di Alba, il prosciutto di Parma, la gallina padovana, l’insalata romana, il radicchio trevigiano, e via dicendo, sono risorse di territorio riferite alla città verso cui confluiscono, e da cui ripartono, attraverso i mercati, dopo essere stati ‘marcati’ con il nome della città. Saltimbocca alla romana, fegato alla veneziana, pesto genovese, pizza napoletana, ragù bolognese, bistecca fiorentina, cotoletta alla milanese sono alcune delle mille specialità che prendono, anch’esse, nome da una città.

Ecco dunque le “melanzane alla parmigiana”, come spesso troviamo menzionata questa ghiotta preparazione famosa in tutta Italia (anche tra i preparati a marchio Coop, è questa la dicitura che troviamo sugli scaffali). Sennonché, in questo caso, l’indicazione è fuorviante. Il termine “parmigiana” – che farebbe pensare alla città di Parma, o almeno al formaggio parmigiano, ingrediente non secondario della ricetta – in questo caso non è un aggettivo ma un sostantivo. Non significa “alla maniera di Parma” ma indica un oggetto (un oggetto gastronomico) con precise caratteristiche formali. La dicitura corretta non è “melanzane alla parmigiana” ma “parmigiana di melanzane”.

“Parmigiana” non è un modo di condire le melanzane: il termine si trova già nei ricettari italiani del XIV e XV secolo per indicare l’aspetto, la forma di una preparazione gastronomica. Il latino parma significa “scudo” e questo tipo di preparazione prevede appunto una sorta di scudo, di armatura esteriore (per esempio costituita da fette di melanzane: ma potrebbe essere qualsiasi altra cosa) che al suo interno racchiude ingredienti di vario genere: polpettine, uova, verdure, formaggio, eccetera.
Una studiosa di gastronomia storica, Anna Martellotti, ha pazientemente inseguito le tracce di questo piatto risalendo dal Medioevo alla cucina romana, fino a quella egizia e dell’antica Mesopotamia, dove già troviamo – incisa con caratteri cuneiformi su tavolette di argilla – una ricetta simile a questa. Attraverso quali vie la ricetta sia transitata all’Italia medievale è impossibile dirlo, ma una cosa è certa: Parma e il parmigiano non c’entrano nulla. “Melanzane alla parmigiana” è un’espressione più facile e comprensibile, ma ci porta fuori strada ed è storicamente sbagliata.

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1 Commento. Nuovo commento

  • Veramente a me non risulta che esistano “parmigiane” prima del 1773. Esiste una torta parmesana (nel liber de coquina) ricetta che tuttavia scompare nel 500. Dunque quali sarebbero i testi che lei (o chi per lei) richiama.

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