Siamo diventati grandi, da bambini ed adolescenti che si era, anche con i rimproveri e le minacce della mamma: «Ti sei ricordato di cambiarti la canottiera? E la biancheria intima?». Di mamma ognuna ha avuto la sua e ognuna è diversa: qualcuna un po’ assillante con l’igiene intima, altre meno. Altre ancora si sono arrese davanti ad un figlio adolescente ed agli odori che uscivano dalla sua borsa da calcio, davanti alla scia di calzini e magliette lasciate ad arieggiare in giro per la camera, in bagno, in tutti gli angoli di casa.
Adesso tocca dire alle mamme che dalla biancheria usata non esce più quel cattivo odore che sta tra il cane bagnato e l’aringa in carpione. Di più – mamma: tieniti forte – adesso arriva la biancheria intima che purifica l’aria.
Adesso, mamma, c’è un’azienda di intimo per uomo – l’uomo, si sa, da adolescente, emette cattivi odori in percentuale drammaticamente superiore alle ragazze – che si chiama Kloters. Sono di Torino, mamma, sono tre giovani e sono una startup. Vuol dire dire che hanno iniziato da poco ma vanno alla grande. Hanno in mente il rispetto dell’ambiente e hanno cominciato producendo indumenti molto molto resistenti, fatti per durare tanto, lavaggio dopo lavaggio, e non diventare subito rifiuti.
Si chiama riduzione dell’impatto ambientale. Adesso fanno un passo avanti: la maglietta mangia smog. Loro dicono t-shirt perché sono giovani, ma lo smog lo mangia davvero. È una maglietta bianca o nera, va bene per uomo e donna, con davanti una tasca bella grande. Dentro c’è un pezzo di materiale un po’ strano, si chiama The Breath e lo fa un’azienda di Pavia. Sono due strati esterni che catturano batteri, muffe e altre cose amiche dei cattivi odori. Più uno strato interno con delle cose che si chiamano nanomolecole. O qualcosa che è stato trattato a livello nanomolecolare. Vai a capire la differenza, mamma. Fatto sta che questa roba assorbe, separa, trattiene e disgrega le micro particelle inquinanti presenti nell’aria: ossidi di azoto, ossidi di zolfo e composti organici volatili.
Il materiale funziona, lo dice l’Università politecnica delle Marche, e fino ad oggi era stato utilizzato per fare i cartelloni pubblicitari che stanno sulle strade, immersi nello smog. O allo Stadio Meazza di Milano. Lo hanno usato, sempre a Milano, durante Expo2015, quella con la gente in coda per vedere il padiglione del Giappone. L’idea geniale è stata metterlo dentro una maglietta elegante. Lui ci sta e non ha bisogno di nulla: sfrutta la circolazione naturale dell’aria. Dicono che non è stato un lavoro facile: perché la t-shirt – la maglietta, come vuoi tu, mamma, la maglietta – è una cosa semplice ma la moda è una cosa complicata e ci metti un attimo a non piacere più. La maglietta si chiama RepAir e all’inizio sarà in vendita solo sulla piattaforma di raccolta fondi Kickstarter. Poi arriverà nei negozi. Quelli che l’hanno inventata dicono che «è la nuova frontiera del green fashion: chiunque può contribuire a migliorare l’ambiente solamente indossando un indumento». Forse è solo pubblicità, forse è una grande idea. Non lo so mamma. Di sicuro, sì, stai tranquilla, sopra la maglietta RepAir ci metto il golfino. Mi copro, lo so che fuori fa freschetto. Ho 59 anni, mamma.