E’ settembre il vero Capodanno, mica il 1° gennaio. Lui, il Vecchio Capodanno, ce lo teniamo un po’ per tradizione e un po’ perché se Giuseppe Conte lo abolisse ufficialmente con un bel Dpcm andrebbe giù di testa. È uno capace di gesti inconsulti, il Vecchio Capodanno, perché sa di perdere potere. Pur di andare nei titoli dei TG cercherebbe di strangolarsi da solo con una corda di mutande rosse sottratte alla notte di San Silvestro, spacciandosi per vittima di un complotto di Bill Gates.
Che – fateci caso – è un vecchio con la faccia da bambino e vuole dominare il mondo, imponendo il suo sistema operativo e il 5G. Ma sarebbe solo un gesto disperato per attirare l’attenzione. Il Vecchio Capodanno sa che il suo tempo è segnato: è a settembre che tutto si rimette in moto. A settembre riaprono le aziende, a settembre ci si iscrive in palestra – ci si andrà fino a primi di ottobre, poi basta – a settembre ricominciano le scuole. E la scuola segna il tempo delle famiglie, degli ingorghi nel traffico con la mamma che scatta al semaforo come la Ferrari non sa più fare in Formula 1 e scandisce la vita dei nonni. Devono star pronti all’uscita della scuola per trasferire in tempo da record il nipote in palestra per judo e poi – veloci, dai – al corso di giocoleria acrobatica.
Quando ricomincia la scuola ricomincia la vita di tutti. E quest’anno è una ripartenza ancora più forte. Un po’ perché la ministra Azzolina ha stabilito una data uguale per tutta Italia, lunedì 14. Un giorno unico, mentre prima, con i calendari regionali c’era chi era già sui banchi alle prese con la terza Guerra punica mentre altri stavano ancora scavando tunnel nella sabbia sotto l’ombrellone. Un’ingiustizia. E tanti figli supplicavano i padri: «Prendiamo la residenza in Puglia, dai, per favore, cosa ti costa, ché lì tornano a scuola a metà novembre».
E questo del settembre 2020 è un reinizio importante perché con l’emergenza virus le scuole hanno chiuso talmente tanto tempo fa che in giro per l’Italia ci sono bambini davvero convinti che alzarsi presto al mattino, fare colazione di corsa, lavarsi i denti mentre la mamma urla «Su veloci, che siamo in ritardo» e poi mettersi il giubbotto e uscire al freddo, sia solo il ricordo sbiadito di un brutto sogno fatto una sera in cui si erano mangiate troppe frittelle di pollo fritto. Perché dai primi giorni di marzo – per i bambini un tempo eterno – la scuola è stata un tranquillo risveglio alle 9,27, un veloce cambio dal pigiama alla maglietta – ma solo la parte di sopra – due passi dal letto alla scrivania della cameretta e alle 9,30 si era davanti al computer e: «Buongiorno maestra». Pronti per la didattica a distanza, che non ti permetteva di tirare palline di carta nel collo del compagno seduto davanti ma ha avuto i suoi vantaggi. Per la colazione bastava tenere il ciotolone con latte e biscotti fuori dall’inquadratura della webcam. E poi, anche se la maestra se ne accorgeva e ti tirava un cazziatone, bastava rispondere parlando a scatti: «Maestr… non la sent… poca banda… colp… mia sorell… Sta caricand… vide… su Tik Tok».
Adesso si ricomincia: tutti in classe con prudenza, emozione e distanza. Ma con una buona cerbottana quello davanti lo puoi beccare sul collo sempre. Buona scuola e buon anno.