Tutti i cibi possiedono qualità nutrizionali, ma solo il pane le contiene tutte: “Con meraviglioso artificio di natura contiene in un istesso tempo quelle qualità, che separatamente si ritrovano in altre vivande, cioè soavità, dolcezza, acidità, salsedine, odore e una certa asprezza, overo amarezza gustosa”. Questo scrive Vincenzo Tanara, agronomo bolognese del Seicento, autore di un trattato di economia rurale, “L’economia del cittadino in villa” (1644), ricchissimo di notazioni alimentari e gastronomiche. Era lo stesso concetto espresso un secolo prima, quasi con le stesse parole, dall’agronomo francese Charles Estienne, nel trattato su “L’agriculture et la maison rustique” (1564). Il pane, aveva scritto Estienne, “per un meraviglioso beneficio di natura è dotato di tutti i sapori, che incitano a mangiare questo o quel cibo: gli uni piacciono per la dolcezza, gli altri per l’acidità, altri ancora per la salsedine, altri per l’acredine, alcuni infine per l’odore gradevole. Il pane contiene in sé tutti i gusti”.
Sono affermazioni che ci disorientano, per almeno due motivi.
Primo: il discorso nutrizionale passa attraverso un discorso sui sapori. Ciò significa che la scienza degli alimenti a quel tempo intendeva i sapori – secondo una tradizione che risaliva al Medioevo e di qui all’antica Grecia – come manifestazione sensibile delle qualità nutrizionali: ogni sapore era ritenuto espressione di una particolare “natura” del cibo. Il sapore “incitava” a mangiare qualcosa; al tempo stesso rivelava, “comunicava” la sostanza di ciò che si stava mangiando. È un ragionamento sottile, di fondamentale importanza per capire la dietetica premoderna durata fino al XVII secolo. Al sapore si chiede sia di allettare il palato, sia di metterci in contatto con l’essenza del cibo. Le due cose insieme, perché “ciò che è buono fa bene”, pensano quegli studiosi. Se il sapore del cibo ci procura piacere, vuol dire che quel cibo è adatto al nostro corpo.
Secondo punto: la “perfezione” del pane; il segreto della sua superiorità rispetto a tutti gli altri cibi sta nel fatto di contenere tutti i sapori contemporaneamente. Questa è un’altra idea forte della dietetica antica, direttamente collegata alla precedente. Se ogni sapore esprime una precisa qualità nutrizionale, il cibo ideale sarà quello che li contiene tutti, così da garantire una “fornitura” completa delle componenti nutrizionali, tutte diverse ma tutte necessarie alla salute del corpo. Da tale premessa derivava il gusto tipico delle cucine premoderne: tenere insieme i sapori, in ricette di grande complessità che facevano coesistere, in gradi diversi, il dolce e il salato, l’acido e l’amaro, e ogni altra declinazione gustativa. Il pane, compagno di ogni vivanda, funzionava perfettamente non solo per le sue suggestioni simboliche e culturali, ma anche e anzitutto per la sua conformità alle regole scientifiche, confortate dalla sua squisita bontà.
Il segreto del pane

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