Per certi aspetti questa storia è uguale a quella di molti giovani ricercatori. Ma quella di Paolo Storchi, 34 anni, di Reggio Emilia, ha un che di estremo. C’è qualcosa che colpisce. Colpisce che è un archeologo. Siamo abituati a vedere il ricercatore come qualcuno che interroga il futuro e cerca cose nuove. Come se ci fossimo dimenticati che anche il passato ha molto da dirci.

Colpisce il suo corso di studi: laurea triennale in Lettere Classiche, Università di Bologna, 110 e lode. Voto più basso un 26, poi due 28 e un 29. Per il resto tutti 30 o 30 e lode. Laurea specialistica in Archeologia e Culture del Mondo Antico, sempre a Bologna, sempre 110 e lode. Agli esami tre 30, il resto 30 e lode. Poi master in Bioarcheologia, Paleopatologia e Antropologia Forense. Voti bassi in Laboratorio di antropologia forense (27) e Antropologia e patologia forense (28). Per il resto 30 e 30 e lode. Poi Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici. Primo anno 30, secondo 30 e lode, voto finale 110 e lode. Poi dottore di ricerca in Topografia Antica a Roma; poi perfezionamento post dottorato; poi “Doctor Europaeus”.

Colpisce che Paolo Storchi finisca in televisione a fare il concorrente di un quiz a premi, L’eredità. Non colpisce come ci sia finito: «Mi ha iscritto mia madre a mia insaputa». Madre che sa della passione del figlio: «Ho cominciato a dire che avrei fatto l’archeologo a 3 anni. Costringevo i miei genitori a portarmi sempre in visita a dei siti. Loro si sedevano su una panchina e io giravo per ore».

Vince 10.625 euro e questo non colpisce perché ormai sappiamo che Storchi la sa.  «Come userà questi soldi?» gli chiede il presentatore, era Fabrizio Frizzi. Colpisce la risposta: «Per far tornare alla luce Tannetum». Stupore di Frizzi, spiegazione di Storchi: è una città romana scomparsa, è da qualche parte tra Parma e Reggio Emilia, se ne persero le tracce dall’età tardoantica. Storchi lea ritrova studiando vecchie foto aeree, poi mette su un campo di scavo. Studenti della Sapienza e dell’università di Odense, Danimarca, lavorano per tre estati e riportano alla luce Tannetum: anfiteatro, sepolture, strade. Poi bisogna trovare fondi per andare avanti. Meriterebbe farlo: «Dove si fanno gli scavi il territorio viene valorizzato. E non è solo una questione  economica: si crea un forte senso di appartenenza, la comunità mostra orgoglio per la sua terra. Si vede la felicità delle persone che abitano nella zona: quando scaviamo ci sono 50-100 visitatori al giorno».

Storchi chiede a industrie, banche: basterebbe un piccolo aiuto. Gli rispondono che preferiscono sponsorizzare eventi sportivi. Qualche mese fa Paolo Storchi ha trovato il Teatro di Pella, la città dell’antica Grecia dov’è nato Alessandro Magno. Non aveva troppi fondi per andarci e allora ha studiato le foto di Google Earth, mettendo a confronto quelle nuove e quelle vecchie: un buon uso della cronologia. E questo, ora che lo conosciamo, non ci stupisce più. Poi c’è il futuro: Paolo Storchi sa che lo aspetta una vita da ricercatore precario, all’estero. Poi racconta di amici archeologhi, bravi, che a una certa età non ce l’hanno più fatta ad andare avanti: «Uno fa il magazziniere, altri hanno aperto una gelateria». Questo più che colpire, ferisce.

Tag: paolo storchi, tannetum, archeologia

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