Che l’acqua sia un bene da salvaguardare è un fatto scontato. Meno scontato è che si sappia da dove arriva, oggi che siamo abituati soltanto ad aprire un rubinetto. Già Italo Calvino nel 1976, anno di siccità in Inghilterra e Francia, nel racconto “Il richiamo dell’acqua” riflette: «so che perché questo miracolo si ripeta ogni giorno deve verificarsi una serie di condizioni complesse…» Aveva ragione, perché sempre più la disponibilità d’acqua dipende da un raffinato apparato tecnologico avido di energia e dipendente dal clima. L’abbiamo visto anche in Italia nella caldissima e siccitosa estate 2017, con crisi idriche in Veneto, Piemonte, Emilia e a Roma.

Nessuno è rimasto senz’acqua, grazie allo sforzo dei tecnici degli acquedotti, ma nei paesi assetati pochi percepivano che se l’acqua usciva ancora dai loro rubinetti ciò era dovuto alla continua spola notturna di autobotti che riempivano i serbatoi, con costi di quasi venti volte superiori a quelli normali. Il cambiamento climatico che vede aumentare le ondate di caldo e le siccità, impone alle istituzioni investimenti  a lungo termine: efficienza delle reti di distribuzione, nuovi invasi, contratti di fiume per ridurre i conflitti di utilizzo. Senza dimenticare che circa 2,7 miliardi di persone nel mondo ancora soffrono per scarsità d’acqua. E noi cosa possiamo fare? Ogni italiano consuma 245 litri di acqua potabile al giorno. Fare il bagno in vasca o una doccia da cinque minuti significa passare da 150 a meno di 50 litri, lo sciacquone dei moderni wc a doppio tasto permette di erogare secondo l’esigenza 3 litri o 4,5 litri. Una lavatrice in classe A riesce a fare un bucato da 5 kg con meno di 50 litri e una lavastoviglie ultima generazione fa un lavaggio con meno di 10 litri, ovviamente vanno usate a pieno carico. E poi le perdite: la goccia da uno scarico wc o da un rubinetto può far fuori una decina di litri al giorno: da riparare subito! I risultati si vedono: bollette alla mano io consumo in casa 103 litri al giorno contro i 245 della media nazionale!

C’è poi un’acqua nascosta, detta “impronta idrica”, in ogni prodotto: un chilo di carne di manzo ha comportato un consumo di 15.000 litri, 4.000 per un chilo di pollo, 2.500 per un chilo di riso, per una tazza di caffè ci vogliono 140 litri, un chilo di cotone, per un paio di jeans, ha richiesto dalla coltivazione alla tessitura 10.000 litri (e una moda assurda ce li fa comprare già stracciati!). Evitiamo di far viaggiare l’acqua in camion dalle Alpi alla Sicilia e viceversa: in Europa una bottiglia d’acqua in plastica da 1,5 litri emette in media 163 grammi di CO2, derivanti dal polietilene e dal trasporto, valutato sui 400 km. È come se in ogni bottiglia vedeste galleggiare sull’acqua 50 grammi di petrolio! A casa è facile utilizzare l’acquedotto invece dell’acqua imbottigliata, di cui siamo senza motivo tra i maggiori consumatori al mondo; fuori casa preferiamo almeno acque che abbiano viaggiato poco, consultando sull’etichetta la fonte di provenienza. E per chi ha un giardino, la scelta migliore è la cisterna di raccolta dell’acqua piovana: io ne ho installata una da una ventina di metri cubi, ovviamente la uso solo per irrigare l’orto e la macchina lascio che sia la pioggia a lavarla.

Tag: Acqua, impronta idrica

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2 Commenti. Nuovo commento

  • Franco Bonizzi
    14 Giugno, 2018 7:56 am

    È molto importante che chiunque ne ha la possibilità si impegni concretamente a diffondere la conoscenza e la sensibilità sulle tematiche ambientali e la consapevolezza ai consumi sostenibili. Un ringraziamento a Coop che è molto impegnata su questo fronte. Migliaia di studenti,ogni anno, hanno accesso gratuitanente a laboratori inerenti le tematiche citate. Un modo intelligente di utilizzare parte dei suoi proventi a favore della collettività.

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