Si sente frequentemente parlare di alimenti ultra-processati, anche perché oggetto di studio per il rapporto con la nostra salute. Ma quali sono e che caratteristiche hanno? Innanzitutto non c’è una definizione unica. Proponendo quanto riportato nel documento dell’Organizzazione della Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura, il sistema Nova classifica gli alimenti in 4 categorie: non processati o minimamente processati (come la verdura, la frutta, il latte o le uova), alimenti processati usati come ingredienti (come l’olio extravergine, usato in molte ricette), alimenti processati (come legumi in scatola, il pane fresco artigianale, il formaggio) e alimenti ultra-processati (come snack dolci o salati, caramelle, bevande gasate o energy drink e piatti pronti).
Gli alimenti ultra-processati vengono formulati con numerosi ingredienti che non troveremmo in una comune cucina, ma tipicamente utilizzati a livello industriale: maltodestrine, destrosio, lattosio, sciroppo di mais ad alto tenore di fruttosio, proteine isolate, idrolizzate, glutine, aromi, esaltatori di sapidità, coloranti, emulsionanti, edulcoranti e molti altri. Sono centinaia i possibili ingredienti che vengono utilizzati per ottimizzare le caratteristiche del prodotto, soprattutto in termini di gusti, profumi, aspetto e consistenza, ma anche per altri scopi utili quali la conservazione. Benché possa spaventare l’uso di questa tecnologia, alla luce delle evidenze oggi disponibili non ha senso demonizzarli, mentre sappiamo che è preferibile limitarne il consumo, soprattutto quando densamente energetici e poveri di nutrienti, come accade frequentemente.
È giusto sapere che gli ingredienti che contengono vengono studiati nei minimi dettagli, in modo da creare prodotti che non siano solo buoni, ma statisticamente apprezzati dalla maggior parte della popolazione. Alla base dello sviluppo di un alimento ultra-processato vi sono una pluralità di professionisti, tecnologi alimentari, chimici, ingegneri, esperti di marketing, packaging e psicologia dei consumi, che collaborano intensamente per creare prodotti che poi diventeranno successi planetari, come è accaduto negli ultimi 50 anni per molti famosi marchi, anche italiani.
L’essere umano è spontaneamente attratto dal gusto dolce o sapido, per sopravvivere da cacciatore-raccoglitore ha sviluppato una innata preferenza per alimenti densamente energetici, per cui gli alimenti ultra-processati sfruttano le nostre naturali preferenze per creare alimenti “matematicamente” buoni. Non sono creati per essere sani e nutrienti, ma per essere gustosi, pratici e alla portata di tutti; essendo molto diffusi dobbiamo imparare a “maneggiarli con cautela”: essere consapevoli della quantità di investimenti necessari alla loro realizzazione, forse, ci fa capire che non siamo noi a essere dei deboli perché eccediamo con un certo prodotto, ma è il prodotto che è preparato talmente bene da diventare difficile da gestire.
Evitarne del tutto il consumo è improbabile nel medio lungo periodo, ed espone al rischio paradossale di aumentarne il desiderio, alternando momenti di “astinenza” ad altri compulsivi; imparare a gestire il loro consumo, più che vietarlo, è una delle sfide maggiori che ci troviamo ad affrontare sia come consumatori, sia come professionisti.