E’ scomparso Gualtiero Marchesi, il cuoco più importante della storia italiana recente. Le sue creazioni, fortemente innovative, avevano radici forti nella tradizione. Il risotto con la foglia d’oro – uno dei suoi piatti cult – non sarebbe stato pensabile al di fuori della tradizione lombarda, una storia che richiama il Medioevo di Maestro Martino e il Rinascimento di Bartolomeo Scappi, che coloravano di giallo le vivande per portare in tavola la felicità e il calore del sole – felicità e calore che altri artisti portavano sulle tele, a illuminare e impreziosire gli sfondi di immagini spesso sacre.

Tavole imbandite e tavole dipinte si rincorrevano, il giallo dello zafferano richiamava quello dell’oro: qualcuno arrivava a dire che su questa terra dobbiamo accontentarci di riso e zafferano, perché solo nel felice aldilà potremo godere di riso e oro. La suggestiva creazione di Gualtiero anticipava l’aldilà, affondando le radici in questa secolare cultura.

Anche guardando e gustando il raviolo aperto – altro capolavoro del genio marchesiano – balenano suggestioni che vanno lontano, al Rinascimento, al Medioevo. Epoche in cui il raviolo era, per definizione, aperto, perché “raviolo” non era il contenitore, ma il contenuto, eventualmente racchiuso in un involucro di pasta (viceversa, “tortello” era l’involucro, non necessariamente riempito di una farcia). Separare logicamente i due protagonisti, contenitore e contenuto, così da dare a ciascuno la sua individualità e magari accostarli come propose Gualtiero, è un gesto provocatorio che però, in qualche modo, torna alle origini.

Tradizione e creazione. La tradizione sotto la creazione, la creazione che scardina la tradizione ma al tempo stesso ne consolida il peso. Più arduo è leggere le creazioni di Marchesi come germi di innovazione, in grado di modificare la tradizione e di fondarne, di tradizioni, una nuova. Questo meccanismo è continuo nella storia: ogni tradizione nasce da invenzioni ben riuscite, che vengono infine condivise e si affermano, diventando esse stesse tradizione. Nel caso di Gualtiero siamo di fronte all’azione eroica dell’artista, a quella creatività individuale che può essere imitata ma difficilmente si trasforma in patrimonio collettivo. Quelle ricette si possono rifare, replicare, copiare, ma restano sue. Firmate. Segnate da uno stile inconfondibile. Saranno insegnate e studiate, così come si insegna e si studia l’arte dei grandi maestri. Faranno scuola, rimarranno un imprescindibile punto di riferimento della nostra storia gastronomica. Ma resteranno legate al nome e al cognome del loro creatore. L’artista crea il futuro, ma è drammaticamente solo. Anche in questo sta la sua grandezza.

Tag: Gualtiero Marchesi, risotto, raviolo

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