Siamo il paese più anziano d’Europa. Nel mondo, a longevità, ci battono solo Hong Kong e Giappone. Tra un po’ i giapponesi li raggiungiamo e Hong Kong non conta, perché è un posto particolare: metà Cina – dove una scuola di una città media ha più studenti di tutte le scuole di Lombardia e Piemonte messe insieme – e metà Liguria, un posto dove vanno gli anziani. Come aspettativa di vita siamo quinti al mondo. L’aspettativa di vita, mettiamola così, è il tempo che abbiamo davanti facendo finta che sia uguale per tutti: media in Italia 84 anni (82 gli uomini, 86 le donne). Prima di noi Hong Kong e Giappone, i soliti, Svizzera e Singapore.
Ogni semplificazione è sempre eccessiva, la nostra dieta mediterranea è una cosa bellissima e l’aumento dell’età media di una popolazione è un fenomeno complesso, frutto di milioni di fattori. Lo so, ma lo dico lo stesso: sono fermamente convinto che noi italiani viviamo così a lungo grazie al Servizio Sanitario Nazionale. Una macchina piena di guai ma che cura tutti senza guardare ai soldi. E so anche che ci sono i ticket da pagare; che le code per un esame di controllo a volte sono inaccettabili e ti spingono nel privato; che in un Pronto Soccorso puoi aspettare tanto da metterci radici; che da troppe parti d’Italia per curarsi tocca mettersi in viaggio – si chiamano “migrazioni sanitarie” – aggiungendo alla preoccupazione per la malattia e alla fatica delle cure il carico di essere lontani da casa. Ma resta il fatto che in Italia ci curano senza chiedere prima la carta di credito.
Così, quando sei malato di una malattia grossa, quelle che ti interrogano sul futuro, hai tutte le preoccupazioni del mondo – come andrà a finire? starò facendo le cure giuste? – ma te ne viene risparmiata una: «Per curarmi diventerò povero?».
L’impoverimento per malattia, si chiama così, ci è risparmiato perché, con i suoi mille difetti, c’è il Servizio Sanitario Nazionale. Che paghiamo con le tasse, è chiaro, ma che cura anche quelli che le evadono. Il Ssn c’è dal 1978, quando ha sostituito le mutue: la mutua ti cura perché sei un lavoratore, il Ssn perché sei una persona. In questi anni l’impianto del Ssn ha subito molte riforme, con una regionalizzazione talmente estrema che ha creato 21 sistemi differenti. Adesso dobbiamo decidere, tutti, cosa farne.
Nella primavera del 2020, con la pandemia, abbiamo capito qualcosa del suo valore e siamo usciti sul balcone per applaudire medici, infermieri e tutti quelli che ci lavorano. Il capitale umano, quello che ha tenuto in piedi questo paese nei suoi giorni peggiori. Poi ce ne siamo dimenticati alla svelta. Siamo fatti così: un paese ad alta emotività espressa. Adesso il tempo sta scadendo: tocca decidere se vogliamo ancora un Servizio Sanitario Nazionale e, nel caso, ricominciare a finanziarlo. In Spagna i cittadini sono scesi in piazza per chiedere al governo regionale di Madrid più risorse per il servizio sanitario pubblico. Erano in 250 mila secondo la prefettura, un milione secondo gli organizzatori. Comunque tanti.
Noi, il paese più anziano d’Europa, abbiamo passato settimane a discutere di rave party. Forse è segno di una gioiosa vitalità senile. Forse assumiamo sostanze e viviamo in un mondo parallelo, tipo un rave, ma senza musica techno. Forse ci stanno fregando.