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Facebook ascolta le nostre conversazioni?

Vi sarà capitato di sentire da qualcuno che conosci o di vivere in prima persona un episodio come questo:

«Oggi a colazione Mario mi ha parlato degli zaini di marca X e me li ha mostrati sul suo cellulare; io non li ho mai cercati su Google né ho mai guardato sito o pagina sul mio pc o telefono, eppure dopo un’ora, mentre navigavo su Facebook, ecco lì la pubblicità degli stessi zaini: come è possibile? L’unica spiegazione è che Facebook stia spiando le nostre conversazioni per farci vedere pubblicità in base a quello che ascolta».

In realtà possiamo spiegare l’accaduto pensando a come funziona la pubblicità online. Innanzitutto, non è Facebook che decide di fare pubblicità a un prodotto, ma sono gli inserzionisti che chiedono a Facebook di mostrare i propri annunci a un target più o meno profilato. Quali informazioni ha Facebook per decidere se siamo o meno in target? Tantissime, e siamo noi a fornirle:

mettendo “mi piace” o commentando i post di pagine e persone;

navigando e facendo acquisti su siti nei quali c’è il cosiddetto pixel di tracciamento, che registra le pagine che apriamo e le azioni che compiamo;

usando Facebook (o Instagram, o Messenger o WhatsApp, che sono sempre di proprietà di Facebook) con il nostro smartphone geolocalizzato così che Facebook sa dove viviamo, lavoriamo e viaggiamo.

Tutte queste informazioni, unite ai dati su età, genere e status sentimentale, consentono di capire se siamo più o meno propensi a fare acquisti di un certo tipo o a interessarci di certi argomenti, magari solo perché il pattern dei nostri comportamenti è molto simile a quello di persone che hanno già fatto certe scelte.

Quindi Facebook non ha alcun bisogno di ascoltare e interpretare le conversazioni che facciamo a voce e farlo costerebbe un’enormità rispetto al differenziale di informazioni che può apportare. Molto probabilmente, il protagonista dell’aneddoto iniziale ha visto lo zaino perché rientra fra le persone considerate somiglianti a chi ha visitato il sito di chi produce gli zaini.

Perché allora non possiamo fare a meno di pensare “mi stanno spiando”? È l’effetto di un bias cognitivo: tendiamo a cogliere coincidenze e attribuire loro un valore maggiore di quello che hanno. Se ci attraversa la strada un gatto nero e poco dopo inciampiamo in una buca, ci viene da pensare che il gatto nero porti sfortuna e da quel momento noteremo ogni segnale che rafforza questa convinzione e tenderemo a ignorare ogni smentita, cioè tutte le volte in cui dopo aver visto un gatto nero non è successo nulla.

In conclusione: invece di farci suggestionare dalle coincidenze, riflettiamo bene sulle informazioni che condividiamo e cerchiamo di riprenderne il controllo, chiedendo anche a chi le raccoglie (che siano aziende o enti pubblici) come le userà.

Vuoi sapere perché vedi una certa pubblicità su Facebook? Fai clic sull’angolo in alto a destra del post e, dal menù che si apre, scegli la voce “perché vedo questo annuncio?”. Scoprirai quali caratteristiche (età, interessi, comportamenti) interessavano agli inserzionisti. E forse, se vedi l’annuncio, è perché sei “simile” a chi ha già visitato un sito o è fan di una pagina.

Tag: pubblicità, consumi,

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