Futuro presente

Erbe, bacche, arbusti: il ristorante è selvatico

Chi fa da molti anni lo stesso lavoro, siamo in tanti, guarda sempre un po’ affascinato chi a un certo punto cambia tutto: vita e professione. Eleonora Matarrese, 41 anni, è nata a Bari e abita in Brianza, in un bosco e non è un caso. Ha lavorato per molti anni come traduttrice da inglese, francese e spagnolo. Conosce anche lo svedese, il norvegese, il danese, l’islandese e il faroese. Dice che non è difficile: basta iniziare con lo svedese, che è la più semplice tra le lingue scandinave perché è l’unica che non ha i casi, e poi in un attimo impari tutte le altre. Lei sa anche lo yiddish.

Tre anni fa, Eleonora decide di fare il salto: lasciare le lingue e aprire un ristorante. Ma non uno qualsiasi: il primo ristorante italiano di cibo selvatico. Si chiama Pikniq e sta a Monza, vicino alla Villa reale. La spinta di Eleonora è la passione per le erbe selvatiche. In inglese si dice foraging: consumare erbe e piante raccolte in campi e prati. In Italia lo hanno sempre fatto le nostre nonne: andar in cerca di erbe spontanee, cibo fresco e gratuito, bellezza del cercarlo.

Anche Eleonora ha cominciato con la nonna. Le prime erbe, le più semplici, ha imparato a conoscerle con lei. A tre anni ne distingueva già 36: erbe, bacche, arbusti. “Riconoscerle e cuocerle. È stato il primo tipo di cucina che ho visto. Ero ammirata da un cibo che veniva direttamente dalla natura”. Eleonora dice che è sempre stata una persona molto curiosa e le è stato naturale appassionarsi alla botanica: imparare a conoscere le piante, distinguere quelle mangiabili da quelle tossiche, e poi tutto il folclore, le storie, le leggende che ci sono dentro. Un grande patrimonio antropologico. Poi tanti libri di botanica, un anno di Agraria all’università, “e ogni volta che vedevo qualcuno chino a bordo strada o nei boschi a raccogliere lo fermavo per chiedere cosa stesse raccogliendo”. Anche fuori dall’Italia, grazie alla passione per le lingue, in paesi dove sulle erbe sono ancora vive molte tradizioni che nel nostro paese purtroppo si sono perse. Ad esempio in Scandinavia. Così incontra altri appassionati, apre un blog, La cucina del bosco, per diffondere la conoscenza delle erbe selvatiche e trasmetterne la passione.

Poi il ristorante, che fa anche corsi e catering. Ci trovate un piatto di cicoriette selvatiche al peperoncino habanero;  una  potatissalad con aglio selvatico con cracker di betulla, ghiande e trebbie della birra o una lasagna all’abete rosso e pino.

Quella di Eleonora può sembrare solo una svolta un po’ eccentrica di una donna annoiata dal lavoro di prima. Allora sappiate che il suo modello di ristorante è il Noma di Copenhagen, per quattro volte miglior ristorante del mondo secondo la classifica The World’s 50 Best Restaurants. Cucina fiori, radici, bacche, germogli raccolti nel raggio di pochi minuti di strada dalla cucina. Un pasto costa intorno ai 200 euro. “Ho pranzato al Noma di Copenhagen, ora posso morire felice”, dice Sara Porro, una delle migliori scrittrici di cibo – si dice food writer – quella che Joe Bastianich ha voluto per redigere la sua biografia. Prima o poi arriverà anche da Eleonora nel suo Pikniq che riapre rinnovato.

Tag: vegan, Monza, Pikniq, ristorante

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