Secondo lei

Ecco perchè pensare all’ambiente è obbligatorio

«Di fronte alla malferma salute della biosfera, le scelte che fanno bene al pianeta sono per forza di cose anche scelte che fanno bene a noi stessi… (è) sacro egoismo tra i meglio investiti».

Le parole di Alexander Langer, “Il viaggiatore leggero” – come il titolo di una raccolta di suoi scritti 1965-1995 (anno della sua morte) – eurodeputato e co-fondatore della Federazione dei Verdi in Italia, e tante altre cose, continuano da anni, e con maggior frequenza, a rispuntare qua e là. Vengono citate dalle persone più diverse accomunate dalla ricerca di ispiratori che nell’orizzonte politico presente non riescono a trovare. Di chi fidarsi, tra i tanti che si proclamano “ambientalisti”, e le cui affermazioni e prese di posizione risultano scarsamente incisive se non del tutto disinnescate? Eppure, a ottobre di quest’anno è stato reso noto il report dell’Ipcc, il Panel Intergovernamentale sui Cambiamenti Climatici che mette il timer alla bomba: abbiamo 12 anni per evitare la catastrofe visto l’innalzamento delle temperature.

Non si tratta di essere ecologisti duri e puri, ma un minimo furbi: la vera casa di tutti, e che giocoforza condividiamo, non è quella di cui paghiamo Imu o canone d’affitto, ma è il territorio che abitiamo, la terra, sì, proprio quella che pestiamo (il termine ecologia deriva dal greco oikos che vuol dire sia territorio, che casa). Fa un po’ impressione, e ribrezzo e pena, pensare che di questa casa in fondo non ce ne freghi nulla. E che non ce ne freghi nulla del futuro. Ci piacciono le sagre, degustiamo le eccellenze delle varie produzioni locali, e poi se dobbiamo votare non ci interessa se il programma alla voce “Ambiente” è corposo, interessante, fattibile?

A seguito dei recenti gravissimi eventi naturali che hanno colpito la zona del bellunese, e la distruzione di interi boschi, il ministro degli interni Matteo Salvini ha fatto riferimento a certo “ambientalismo da salotto”. L’espressione denigratoria ha dato fastidio a tanti: l’Italia è piena di comitati civici a difesa dell’ambiente oltre che di forze politiche che hanno provato a fare proprio questo tema senza però evidentemente riuscire a renderlo coesivo e trainante. Come sempre, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. E purtroppo di mezzo ci sono anche piogge torrenziali, venti, terremoti, dissesti idrogeologici, le ondate di fango.

Alle recenti elezioni in Germania, la regione dell’Assia ha assegnato ai Verdi il 20 per cento delle preferenze. Ci indica una via, questo voto? È possibile interpretarlo anche come il tentativo di un nuovo umanesimo ambientalista che metta al centro degli interessi persone, territorio, dunque connessione tra tutte le implicazioni economiche e sociologiche? Forse, il fuoco intorno al quale costruire un consenso trasversale potrebbe essere proprio questo, dal momento che contiene in sè tutti gli altri. Ho provato a fare un test su un social che uso per vedere quali siano le prime reazioni istintive quando si sente pronunciare la parola ambientalismo e tra le tante e variegate risposte mi ha colpita quella di un commentatore che ha scritto NOIA.

Forse, bisognerebbe trovare un nome nuovo (“La conversione ecologica potrà affermarsi solo se apparirà socialmente desiderabile.” Affermava Alexander Langer.) Perché la questione cruciale del nostro tempo non sia né una luccicante vetrina di prodotti tipici, né uno specchio fuorviante in cui ammirare un’immagine photoshoppata in meglio di noi stessi. Intanto, il Mibact ha annunciato che il 2019 sarà dedicato al “Turismo lento”, il che vuole dire cominciare a guardarsi attorno con più attenzione.

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