Sono stati in Algeria, Angola, Congo e Israele. E anche in Mozambico, Azerbaigian, Qatar, Stati Uniti ed Egitto. È il tour del gas, la ricerca di nuove forniture di metano per liberare l’Italia dalla dipendenza dalla Russia. Viaggi frenetici, quelli del presidente Draghi e del ministro Di Maio, bisogna far presto: entro l’inverno occorre riempire gli stoccaggi per far fronte ai mesi freddi e poi, in due o tre anni, farla finita completamente con il gas russo che alimenta la guerra. 

Viaggi urgenti: non ci siamo solo noi a cercare gas in giro per il mondo. Ti distrai un attimo e la Germania ti frega la fornitura. Alla vigilia della partenza per Angola e Mozambico Mario Draghi si è scoperto positivo al Covid, ma il viaggio non è stato né annullato né rimandato: il premier ha scritto tutto su un foglietto, si è fatto ripetere i concetti fondamentali – per vedere se Di Maio aveva capito bene – lo ha fatto accompagnare dal ministro Cingolani e – così siamo sicuri – ha telefonato a Denis Sassou Nguesso, il presidente congolese.

Viaggi faticosi: c’è sempre un protocollo da seguire, convenevoli di contorno, molte cose da tener presente. Ad Algeri – trasferta facile perché da lì importiamo già molto gas e perché il presidente Mattarella c’è stato in visita sei mesi fa lasciando il solito buon ricordo – Mario Draghi ha incontrato il primo ministro, Aymen Benabderrahmane; poi è andato al Monumento dei Martiri e ha deposto una corona di fiori; poi al Palazzo El Mouradia dove ha avuto un incontro bilaterale con il presidente della Repubblica Abdelmadjid Tebboune. Poi la cerimonia della firma della Dichiarazione di intenti sulla cooperazione nel settore dell’energia tra il Governo italiano e il Governo della Repubblica Algerina, poi la firma dell’accordo tra Eni e omologa algerina, per aumentare le esportazioni di gas. La cosa che importava davvero. Poi Draghi si è spostato all’ambasciata italiana per incontrare la comunità dei connazionali, se non ci vai si offendono; poi cena con il presidente Tebboune. Poi, finalmente, il rientro in Italia. Una faticaccia.

Se Draghi fosse andato a Rivergaro, provincia di Piacenza, portava a casa ottimo metano con meno fatica. Lì c’è l’azienda agricola Bosco Gerolo Valtrebbia: vende formaggi e biometano. Li fanno le mucche, tutti e due.  Nicoletta Cella, 36 anni, che  gestisce l’azienda insieme alla mamma e alla sorella, ha investito in un impianto che trasforma in gas i liquami delle 600 mucche e gli scarti agricoli. Ne fa 2.064 metri cubi al giorno e lo vende a 1,19 euro al chilo. Così davanti al distributore c’è sempre la coda di auto: è aperto dalle 6 a mezzanotte, venerdì e sabato 24 ore su 24. Un successo, ma anche sei anni di trafile burocratiche e attese di permessi.

Oltre al distributore, a Bosco Gerolo, hanno lo spaccio aziendale, il ristorante, la piscina, la fattoria didattica, una decina di camere e un agriasilo. Per prendere il latte fresco c’è il Bancolat, un altro distributore che elargisce anche la ricotta stracremosa, le mozzarelle, il burro e i tortelli piacentini. Il biometano si paga solo con carta di credito, dice un cartello. Ma Mario Draghi ce l’ha. E sa come, per diversificare le fonti e allontanare le guerre, serve l’energia di tutti.

Tag: metano, guerra, gas, Draghi

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