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Diete e movimento, quello che i numeri non dicono

Gli adulti che riescono a mantenere stazionario il loro peso corporeo, sia per dono genetico, sia per lo stile di vita (sobrietà nella quantità e qualità delle scelte alimentari rispetto alla spesa muscolare), hanno dei notevoli vantaggi salutistici su chi nel corso dei decenni ha avuto frequenti oscillazioni di peso, in basso o in alto, di oltre il 10% rispetto al peso ottimale. Questo andamento, tipico di chi inizia per pochi mesi delle severissime ma insostenibili diete dimagranti, è denominato anche sindrome yo-yo. Tutti, ma in particolare le signore che si dilungano a raccontare al dietista di aver avuto, magari al matrimonio, un “vitino di vespa”, senza un filo di pancia, debbono convincersi che il trascorrere degli anni comporta fisiologicamente un declino della massa magra, al punto che perfino la muscolatura di un “palestrato” o di un lavoratore manuale si riduce in età avanzata, perfino di un terzo, con un reciproco aumento del grasso di deposito.

Il problema del peso ragionevole nasce dal fatto che diminuendo inevitabilmente il tasso degli ormoni coinvolti nella sintesi proteica anche le cosiddette diete iperproteiche non bastano per garantire un buon turnover cellulare. Perciò, con il trascorrere degli anni può essere più utile un giornaliero aumento delle passeggiate, del giardinaggio o di qualunque forma di movimento muscolare non gravosa, per compensare la riduzione della preziosa “massa magra” muscolare (sarcopenia), senza footing o altri sforzi muscolari inadatti..

I muscoli vanno difesi utilizzandoli giornalmente e non con le diete eccessivamente iperproteiche che sovraccaricano fegato e reni per l’eliminazione dell’eccesso azotato (carboidrati e lipidi non contengono azoto). Uno specialista vi chiederà certamente peso e altezza per la cartella clinica, pur sapendo che l’obesità non si valuta solo con l’indice di massa corporea (IMC) ricavabile con la formuletta del “peso diviso per il quadrato dell’altezza”. Ad esempio: 70 – peso corporeo in chili – diviso per il risultato di 1,70 x 1,70 – altezza in metri – (nel caso citato 70:2,89 = 24,22) è un indice di normalità, perché inferiore a 25, mentre tra 25-30 si entra nel “sovrappeso” e oltre 30 si apre il variegato mondo dell’obesità con le sue complicanze. Agli aspiranti anoressici che inseguono una magrezza pericolosa, ricordo che anche valori dell’IMC inferiori a 18,5 sono da considerare patologici.

Quindi, ciò che più interessa per la salute e per la longevità non è solo il peso bensì il rapporto tra le sue componenti. Chi pratica la pesistica o l’atletica pesante supera spesso il tetto convenzionale dell’obesità (30) ma per un medico sportivo questi soggetti sono paradossalmente “magri” perché hanno perfino troppi muscoli ma poco grasso di deposito. Viceversa, tra coloro che per scelta o per sfortunate esigenze vivono da sedentari e tentano di compensare il loro bilancio energetico con diete punitive si riscontra abitualmente un IMC teoricamente accettabile ma con una percentuale di massa grassa raddoppiata rispetto alla normalità e con un precoce declino della massa cellulare attiva.

dicembre 2014

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