Il 28 settembre 2003, sono le 3 del mattino. Molti dormono, chi fa il turno di notte lavora, a Roma c’è la Notte Bianca e le strade sono piene di gente. Sta per succedere qualcosa cambierà per sempre il rapporto di noi italiani con l’energia elettrica. Siamo in Svizzera, sulla linea elettrica del Lucomagno. L’Italia sta importando energia da Svizzera e Francia, come ogni notte: il 24% del fabbisogno. Sulle linee fra Svizzera e Italia ci sono continuamente eccessi di transito: importiamo più del concordato, soprattutto di notte.
Alle 3.01 inizia il disastro: tra i fili dell’alta tensione e un albero lì vicino c’è una scarica. Come un fulmine con un grande schioppo: si chiama “cortocircuito verso terra senza contatto”. Non sappiamo se l’albero ne esce affumicato, ma la linea del Lucomagno perde potenza. Il gestore della rete elettrica svizzera, più o meno in automatico, ridistribuisce i flussi su altre linee. Così quella del San Bernardino comincia a trasportare il 110% del normale.
Alle 3.11 il gestore svizzero chiama al telefono il collega italiano, il Grtn, e chiede di abbassare la richiesta di potenza. Bastano 300 Mw in meno, dicono gli svizzeri, ma fate presto perché qui si mette male. Dieci minuti dopo, 3.21, il Grtn inizia a ridurre il carico. Ma alle 3.25 sulla linea del San Bernardino, quella che va al 110%, c’è un altro cortocircuito senza contatto fra cavi aerei e un albero. Gli svizzeri diranno che è colpa degli italiani: ci hanno messo troppo tempo. Alle 3.25 parte un effetto a cascata di interruzione di altre linee che portano energia verso l’Italia. In due minuti, alle 3.27, l’Italia è al buio. Chi sta dormendo se ne accorgerà al mattino; chi lavora comincia ad avere dei guai.
A Roma la Notte Bianca finisce con migliaia di persone bloccate in metropolitana. Si spengono i semafori, si fermano 110 treni con 30mila passeggeri sopra. Non c’è acqua perché non vanno le pompe, accendi la radio per sapere cosa sta succedendo ma la radio non va. Si torna alla normalità dopo ore: alle 9 del mattino nel Nord, a partire dalle 15.30 a Roma. In Sicilia alle 22.
Nelle settimane successive parte un grande dibattito sull’energia: c’è chi vuole il nucleare, chi è perplesso, chi vuole più centrali a gas. Ci sono alcuni che hanno una cosa strana sul tetto di casa, li chiamano pannelli fotovoltaici, e si fanno energia da soli. Sono pochissimi: uno sta a Genova, si chiama Peppe Grillo. Alla fine vinceranno loro, quelli con un pannello sul tetto: adesso in Italia ci sono 818mila impianti fotovoltaici e l’80% sono domestici. Producono energia per l’autoconsumo e immettono in rete quello che avanza. Scambiarla in condominio o con i vicini non si può. Adesso, 15 anni dopo il grande blackout, arriva un grande cambiamento: nascono le Comunità Energetiche. Sono organizzazioni senza scopo di lucro, associazioni, cooperative, cittadini che scambiano l’energia autoprodotta da fonti rinnovabili dentro una comunità locale. Lo chiede una direttiva europea appena approvata, lo stanno sperimentando in Piemonte, nel Pinerolese, e nel quartiere Pilastro di Bologna. Cambierà ancora il nostro rapporto con l’energia: senza alberi che schioppano e feste rovinate.