Che le nostre aree metropolitane siano diventate camere a gas è ormai più di un luogo comune: l’inquinamento atmosferico fatto di monossido e biossido di carbonio, ossidi di azoto, benzene e polveri sottili rende comunque irrespirabile l’aria e opaco il cielo, con conseguenze sanitarie che oggi possono essere valutate scientificamente.
Gli istituti di ricerca affermano che in Europa sono alcune decine di migliaia le persone che muoiono, ogni anno, per motivi cerebrovascolari o respiratori, mentre in Italia sono quasi ottomila le vittime per le stesse cause, cioè il 4,7% del totale dei decessi. Però nessuno sembra preoccuparsene, nè a livello di interventi del potere politico, e neanche, tocca dirlo, a livello di pubblica opinione. Per fare sì che di questo si potesse parlare nei mezzi di comunicazione di massa radiotelevisivi, il presidente dei Verdi italiani Angelo Bonelli è stato costretto a soggiornare in un camper sotto la sede Rai di Viale Mazzini a Roma e a uno sciopero della fame. Ma, anche quando se ne parla, non si prendono provvedimenti degni di questo nome che consentano almeno parziali inversioni di tendenza.
A Milano il sindaco Moratti è costretto a bloccare la circolazione delle auto la domenica e a far pagare un prezzo per entrare in città, mettendo in pratica quel road pricing già in atto a Londra o a Singapore. Ma sono provvedimenti palliativi, che hanno valore simbolico più che pratico, così come il car sharing (la condivisione dell’auto) o il car pooling (le corsie riservate a chi è in più di un occupante nell’autovettura), che evitano di affrontare il tabù impensabile, l’unico che consentirebbe di evitare quei morti, la chiusura tombale dei centri storici alle auto private a qualsiasi titolo. In questo modo i mezzi pubblici sarebbero più veloci e frequenti, cosa non difficile visto che la velocità media a Roma, per esempio, è la stessa delle carrozze e dei cavalli di un secolo fa, e dunque sarebbe più facile muoversi. Lo so benissimo che molti non possono proprio fare a meno dell’auto privata, ma il problema sono tutti quelli che la prendono pure se abitano in zone ben collegate e non ne hanno necessità assoluta.
Le polveri sottili ammazzano o fanno ammalare gravemente e dipendono dai processi di combustione, particolarmente quelli delle autovetture. Ogni incremento nei tenori di PM10 porta qualche centinaio di morti in più, di conseguenza ridurle ne eviterebbe altrettanti, ma avete mai sentito di un piano organico di governi o amministratori locali per prendere di petto il problema? O qualcuno chiudere i nostri centri storici con continuità? No, tutti minimizzano e sperano nelle prossime piogge, augurandosi che l’inverno finisca presto, che il vento soffi o che gli dei ci assistano. Tutto per non rinunciare alla tirannia dell’auto – mezzo che allontana mentre sembra avvicinare – e che, soprattutto, è inefficiente e inquina. Tutto per tirare a campare, sperando che nessuno amplifichi la notizia, che la gente continui indifferente a occuparsi di altre tematiche, ritenute, chissà perchè, più pressanti.
Mario Tozzi