I cereali, soprattutto se integrali, sono così rilevanti che nelle ultime linee guida per una sana alimentazione c’è un capitolo intitolato: “Più cereali integrali e legumi” che ne incoraggia appunto, insieme ai legumi, un maggiore consumo. I cereali più comunemente utilizzati sono il grano (e i rispettivi derivati quali pasta, pane e pizza), riso, mais, farro, orzo e avena; tuttavia, nel linguaggio comune affermando “ho mangiato cereali” ci riferiamo frequentemente ai cereali per la colazione.

Nel determinare la percezione salutistica di un alimento oggi sono rilevanti fenomeni simili a quelli della moda nell’ambito “fashion”. Dunque, anche se le linee guida riportano “Consuma regolarmente pane, pasta, riso e altri cereali (meglio se integrali)”, in molti ritengono di dover limitare i carboidrati. Difatti si assiste a un’esplosione commerciale di prodotti ricchi di proteine. Una visione dicotomica dell’argomento vede le proteine come “in”, e i carboidrati “out”, anche se mediamente già consumiamo il 20% in più delle proteine che ci servirebbero. Vi sono tuttavia dei sopravvissuti alla “carbofobia”: sono i cereali per la colazione. Consumarli è percepito come salutistico, mentre i pazienti mi guardano meravigliati quando comunico che anche la pasta è fatta di un cereale, solitamente il grano; se poi si considera l’indice glicemico (parametro che riflette l’innalzamento della glicemia nelle ore successive al consumo), scopriamo che la pasta ha valori decisamente inferiori rispetto ai cereali in fiocchi (flakes), soffiati o estrusi (ex riso soffiato, oppure in forma di palline o ciambelline), anche considerando le loro versioni più salutistiche. Questo perché i processi tecnologici comunemente usati per produrre i cereali rendono gli amidi del chicco più velocemente assimilabili dal nostro organismo, e per tale motivo si osserva un picco glicemico mediamente maggiore.

Il cereale per colazione che subisce processi tecnologici con una minore influenza sulla risposta glicemica è l’avena, e la moda che caratterizza la diffusione del consumo di porridge ricorda che alcuni trend possono anche migliorare le nostre abitudini. Osservando la lista dei 10 “muesli e cereali croccanti” più venduti nel mercato italiano, si nota come siano addizionati di zucchero; gli zuccheri arrivano in media a essere 21g/100g, dato superiore a quello medio dei biscotti secchi, solo poco inferiore al 22 registrato nei biscotti frollini. Nei cereali per bambini (esclusi muesli e cereali croccanti) gli zuccheri arrivano, mediamente, ai 25g/100g, dato che fa riflettere; per quanto riguarda i grassi la media di muesli e cereali croccanti è 21,2g/100g, sempre di poco inferiore a quella di un frollino.

La differenza è percettiva: quando il consumatore si approccia a un muesli lo ritiene più salutistico rispetto a un frollino, mentre per quanto riguarda zuccheri e grassi la media dei prodotti mostra caratteristiche abbastanza simili. Il mercato è comunque eterogeneo, con esempi di prodotti virtuosi, e si nota lo sforzo di diversi produttori nella riduzione dello zucchero o nell’aumento delle fibre; saranno poi le scelte di noi consumatori a far sì che questi prodotti siano di successo, oppure vengano “bocciati” dal mercato come notavo nell’articolo dello scorso dicembre su “Consumatori”.

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