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Colesterolo, quali sono i valori corretti?

Malgrado non manchino, nei giornali o in TV, le rubriche di informazione medica, restano molti dubbi tra la gente comune sulle contromisure più opportune, almeno a giudicare dal tono delle e-mail che giungono alle redazioni. Uno dei temi che legittima più timori e incertezze è quello della colesterolemia “accettabile”.
Sull’argomento e in particolare sul tasso di colesterolo circolante nel sangue non è sufficiente controllare se la cifra fornita dal laboratorio rientra nell’intervallo della cosiddetta normalità o se è stata contrassegnata con una H o con un asterisco per segnalare un valore da considerare troppo alto.
Per prima cosa non basta conoscere il colesterolo totale senza sapere come siano ripartite le due frazioni principali, cioè il cosiddetto colesterolo “buono” (HDL) e quello “cattivo” (LDL). Può essere più temibile un totale genericamente accettabile di 220 mg/dl, quando l’HDL è troppo basso (inferiore a 35 mg per i maschi e a 40 mg per le donne), oppure quando la frazione LDL supera di molto i 130 mg. Viceversa, si può essere più protetti anche con colesterolo totale di 240-250 mg/dl  ma con un’alta frazione difensiva (HDL) e una bassa frazione di LDL (tra 80-130 mg). Perciò, il giudizio che porterà a raccomandare soltanto delle attenzioni alimentari (meno grassi di origine animale, meno cibi ad alto contenuto di colesterolo) o invece imporrà anche l’aggiunta di farmaci specifici (le statine) non può basarsi soltanto su un numero ma su più riflessioni.
Inoltre, il medico dovrà ponderare bene sull’esistenza di altri fattori di rischio (ipertensione, diabete o ridotta tolleranza glucidica, obesità ventrale, familiarità per ictus e infarto, tabagismo) che imporrebbero degli interventi anche a dei livelli di colesterolemia “borderline”, cioè a dei valori che senza tali aggravanti potrebbero essere trattati, almeno inizialmente, con la dieta e con un migliore stile di vita.
In conclusione, dovrà essere il medico curante a decidere il da farsi e non c’è da stupirsi se ad altri pazienti, con analisi apparentemente simili, sono state prescritte solo delle attenzioni dietetiche e non dei farmaci.  Purtroppo, quando l’ipercolesterolemia ha un’impronta familiare ed è il fegato a produrre un eccesso di colesterolo da innocui substrati, sarà difficile che l’alimentazione, per quanto rigorosa, possa abbassare la colesterolemia totale più del 15-20%. In questo caso sarebbe sbagliato  limitarsi alla dieta e ritardare il ricorso a quei farmaci che agiscono proprio sull’errore formativo di origine genetica.

Eugenio Del Toma

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