Può capitare di desiderare fortemente un determinato alimento e chiedersi: starò diventando dipendente? La dipendenza è un termine solitamente riservato a sostanze stupefacenti, gioco d’azzardo, sigarette ed alcol; tuttavia nuove dipendenze quali quella da internet stanno emergendo, la più diffusa e discussa tra le nuove dipendenze è quella da cibo. L’epidemia di sovrappeso ed obesità a cui si assiste in tutto il mondo pone molte domande sul perché sia così difficile contrastare tale fenomeno; una delle possibili risposte credo sia che storicamente la medicina abbia dato poco spazio alle neuroscienze per cercare di spiegare e contrastare il fenomeno. Forse si riteneva che solo sostanze “forti” in grado di scatenare un piacere intenso potessero dare dipendenza, ed il cibo era troppo “debole”; tuttavia i modelli sperimentali dimostrano con sempre maggior evidenza che la dipendenza da cibo esiste.

All’inizio degli anni 2000 a Princeton un ricercatore di origini Italiane, Carlo Colantuoni, fu tra i primi a dimostrare su modelli sperimentali che in caso di dipendenza da zucchero nel cervello avvengono modifiche simili a quelle di molte altre dipendenze, dati confermati da studi di risonanza magnetica funzionale svolti sull’uomo da David J. Linden del Johns Hopkins. Quest’ultimo ha scritto anche un libro divulgativo proprio sul tema intitolato “la bussola del piacere” in cui spiega perché junk food, sesso, sudore, marijuana, vodka e gioco d’azzardo ci fanno sentire bene ma provocano frequentemente dipendenza. La prova del nove al fine della dimostrazione dell’esistenza della dipendenza da cibo è stata fatta ricreando i sintomi di una crisi di astinenza in laboratorio sospendendo improvvisamente la disponibilità di zucchero in animali dipendenti, crisi che si risolve rendendo nuovamente disponibile l’oggetto della dipendenza.

La dipendenza da cibo è stata dimostrata sia per cibi ricchi in zuccheri che per cibi ricchi di grassi (ad elevata densità energetica) che possono essere sia dolci che sapidi. Lo studio meticoloso di alcuni alimenti industriali, chiamato “food engineering”, li rende poi particolarmente appetibili; più gli alimenti sono appetibili più è difficile controllarsi, incrementando il rischio di abuso soprattutto in soggetti vulnerabili ed in momenti delicati della vita. Certamente il fenomeno della dipendenza non può spiegare in toto il fenomeno dell’obesità che è multi-fattoriale, coinvolgendo, tra gli altri, anche aspetti sociali, economici, culturali, genetici e psicologici. Tuttavia la dipendenza da cibo è particolarmente difficile da contrastare: tutte le altre dipendenze si combattono in primis con l’astensione dall’oggetto della dipendenza; tuttavia con il cibo non è possibile smettere perché è necessario per la nostra vita, ed anche potenzialmente utile alla nostra salute quando si segue una dieta bilanciata. Dunque è meglio impostare fin dai primi anni un rapporto sano con il cibo e non rischiare di diventarne dipendenti: anche se si pensa di riuscire a tornare indietro non sempre si riesce, ed è meglio non sottoporre il nostro cervello al rischio delle modifiche indotte da una dipendenza.

Tag: obesità, cibo, dipendenza da cibo

Condividi su

Lascia un commento

Dicci la tua! Scrivi nello spazio qui sotto cosa pensi dell’articolo, la tua opinione è importante per noi.

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Compila questo campo
Compila questo campo
Inserisci un indirizzo email valido.
Devi accettare i termini per procedere

Iscriviti alla
newsletter

di Consumatori

Ricevi ogni mese via mail la rivista digitale e le notizie più interessanti