Figurarsi una piramide non è semplice. Pensare le cose in tre dimensioni, disposte su piani sovrapposti che si restringono salendo. Per vent’anni ci abbiamo provato, con buoni risultati ma con qualche difficoltà. Ci hanno insegnato – secondo le direttive impartite nel 1992 dal Dipartimento di Agricoltura degli Stati Uniti – a immaginare gli alimenti suddivisi in sei gruppi: i cereali alla base della piramide, poi, salendo, la verdura, la frutta, i latticini, i cibi proteici e infine, all’ultimo piano, gli zuccheri e i grassi. L’indicazione era di consumarli in quantità proporzionale alla dimensione del loro alloggiamento. Molti cereali, pochi grassi. In mezzo il resto, in misura decrescente. Nel 2005 la piramide alimentare è stata ridisegnata. Struttura non più orizzontale, ma verticale: invece dei sei piani sovrapposti abbiamo trovato sei “scivoli”, sei strisce verticali di colori differenti (cereali in arancione, verdura in verde, frutta in rosso, grassi in giallo, latticini in blu, carne e pesce in viola). All’interno di ciascuna striscia, cibi di valore differente: le carni non sono tutte uguali e le carni non sono uguali ai pesci; l’olio non è burro; i cereali integrali non sono come quelli raffinati; eccetera. Introducendo nuove distinzioni, la seconda piramide ha corretto le rigidità della prima.
Forse per la sua efficacia espressiva, o forse per il fascino dell’antico Egitto, l’idea della piramide ha riscosso un enorme successo. Le autorità sanitarie di certi paesi l’hanno modificata rispetto al modello americano, tenendo conto delle abitudini nazionali; alcuni l’hanno semplificata, altri complicata; altri l’hanno adattata a tipi particolari di regime alimentare, come la dieta vegetariana; altri hanno ideato una piramide alimentare-motoria per sottolineare l’importanza del movimento accanto a quella della dieta; altri vi hanno affiancato una piramide “rovesciata” per mostrare l’impatto ambientale dei vari consumi. Ogni pensiero sul cibo ha assunto forma di piramide.
Poi improvvisamente, nel 2011, la svolta. Addio piramide alimentare: dall’America arriva un’altra figura per comunicare e raccomandare il corretto comportamento alimentare. È un cerchio, anzi un piatto, diviso in quattro parti non identiche: una per la frutta, una per la verdura, una per i cereali, l’ultima per i cibi proteici. A fianco, un piattino ricorda la necessità di consumare anche latte e derivati.
La nuova forma ha il vantaggio di semplificare la comunicazione, proponendo un’immagine a sole due dimensioni. Ma c’è anche un’esplicita componente simbolica: il cerchio, richiamando la forma del piatto, evoca direttamente il gesto di mangiare. Il discorso teorico sulle componenti nutrizionali si avvicina alla pratica quotidiana del pasto; la dietetica strizza l’occhio alla gastronomia, recuperando un rapporto antichissimo e prezioso: il piacere che conduce alla salute, la salute che conduce al piacere. Aggiungerei che la piramide è sempre stata, nella storia, un simbolo delle differenze e delle gerarchie sociali; il cerchio invece è in assoluto la forma più paritaria e “democratica” che la geometria ci abbia regalato. Anche per questo mi piace pensare al cibo in forma rotonda.
Massimo Montanari