La ricerca scientifica ha un grande fascino. Vengono in mente laboratori pieni di macchinari e provette, atmosfera rarefatta, giovani in camice bianco. Uno agita una provetta, un altro è chino sul microscopio, poi solleva la testa e ne vediamo gli occhi stanchi ma attraversati da un lampo di luce: “Ci siamo, dice, l’abbiamo trovato”.
Poi c’è un’altra ricerca, quella della vita quotidiana, del ritrovare qualcosa che si è perso e non sarà facile ma ci proviamo lo stesso: “cercare un ago in un pagliaio”.
Istituto Nazionale di Astrofisica, l’Inaf, ci offre un’occasione unica per mettere insieme le due facce della scoperta, unire i cieli intergalattici con le siepi del nostro giardino: cerchiamo una cometa. In realtà è un asteroide, diciamo cometa per aumentare il fascino. È stato visto l’ultima volta il 30 maggio alle 23.09 sui cieli del Nordest. Era un bolide luminoso con una lunga scia.
Quelli dell’Inaf sono onesti e ci dicono subito che l’asteroide è di quelli piccoli: peso stimato tra 50 e 200 chili, circonferenza da 30 centimetri a mezzo metro. Quando volava alto. Perché poi, a 40 chilometri d’altezza, è entrato nell’atmosfera terreste viaggiando a 54mila chilometri all’ora e non ha frenato, non è nella sua natura.
Così ha fatto quel botto che hanno sentito in tanti e hanno sollevato gli occhi al cielo. Lui si è sbriciolato ed è diventato uno sciame di meteoriti grandi come una pallina da golf. Adesso dobbiamo trovarle. Perché “i meteoriti sono oggetti molto rari, di grandissimo valore scientifico”, dicono all’Inaf. Nel meteorite di Khatyrka, caduto nelle montagne di Koryak, penisola di Kamchatka, Russia, sono stati trovati 8 nuove specie di minerali, tra cui un quasicristallo che non si pensava potesse esistere in natura. E quello di Khatyrka è caduto 15.000 anni fa: figurarsi cosa potremmo trovare dentro un meteorite fresco.
Daniele Gardiol dell’Inaf di Torino ha l’identikit: un meteorite si riconosce perché è come un sasso ma ricoperto da una crosta sottile e lucida, molto scura. Un sasso glassato. Fuori è squadrato e con gli spigoli arrotondati. Dentro – casomai si fosse rotto – è grigio chiaro. E, soprattutto, un meteorite se lo prendi in mano dà subito l’impressione di essere bello stagno, più pesante di un banale sasso terrestre. Quest’ultima prova è fondamentale e permette di distinguerlo dalla cacca di cane secca che infesta tanti marciapiedi.
Dove cercarlo senza stare a prendere in mano tutti i sassi del Triveneto? Abbiamo degli indizi. Quelli dell’Inaf lo hanno seguito nel suo volo con il loro sistema di videocamere. Lo hanno visto per 7 secondi quelle di Navacchio (Pisa), Piacenza e quella sul tetto del liceo Paleocapa di Rovigo. Così, con un sofisticato modello matematico, sappiamo che il grosso è da qualche parte, sicuramente, tra Piove di Sacco, provincia di Padova, e Bojon, comune di Campolongo Maggiore, Venezia. Tocca agli agricoltori buttare un occhio dal trattore dopo il raccolto e prima dell’aratura, agli appassionati del metal detector battere il terreno, a tutti quelli che hanno un giardino cercare tra le ortensie. Ogni sasso sospetto va segnalato a prisma_po@inaf.it. Lo troveremo.