lI cambiamento climatico minaccia le vite e i diritti umani delle giovani generazioni. Rischiamo di consegnar loro un pianeta ostile, costellato di eventi meteorologici estremi, con un livello del mare che a fine secolo potrebbe essere più alto di un metro. Fenomeni enormi, irreversibili, inediti per la civiltà, contro i quali nulla si potrà fare. Il momento di agire per scongiurarli è invece oggi, quando è ancora possibile ridurre le emissioni di gas a effetto serra che determinano il riscaldamento globale.

Ma chi difende i diritti ambientali dei più giovani? Fino a ieri nessuno, ora la giurisprudenza va via via riconoscendo una responsabilità transgenerazionale delle azioni compiute in momenti precedenti. E questo è un bene, perché se con i dati scientifici e gli appelli del mondo ecologista non si è ottenuto quasi nulla, forse saranno i tribunali a imporre ai governi scelte più rispettose della qualità di vita di chi verrà dopo di noi. È così che in tutto il mondo gruppi di cittadini hanno cominciato a denunciare i governi dando il via a circa 1.500 contenziosi per la giustizia climatica, le “climate litigations”. Ha fatto da apripista nel 2015 la causa della fondazione Urgenda nei Paesi Bassi. Nessuno la dava vincente, eppure i giudici della Corte Suprema nel 2019 hanno dato ragione ai cittadini olandesi e condannato lo Stato a essere più incisivo nel contrasto ai cambiamenti climatici.

Ha fatto seguito in Francia la causa “L’affaire du siècle” intentata da alcune associazioni ambientaliste e sostenuta da 2,3 milioni di firme. Con sentenza del 3 febbraio 2021, il Tribunale Amministrativo di Parigi ha riconosciuto responsabilità e carenze dello Stato francese dinanzi all’emergenza climatica. In Germania un gruppo di giovani tra i 15 e i 32 anni ha impugnato la legge federale sulla protezione del clima e la Corte costituzionale ha dato loro ragione. E lo stesso è capitato in Irlanda con l’iniziativa dei “Friends of the Irish Environment”.

In Italia ci sono voluti un paio d’anni per preparare “Giudizio Universale”, frutto di un team di avvocati e giuristi tra cui Michele Carducci dell’Università del Salento, esperto di diritto climatico. Si tratta della prima azione legale climatica promossa contro lo Stato italiano, presentata il 5 giugno 2021 al Tribunale Civile di Roma a nome di più di 200 attori ricorrenti: 162 cittadini e cittadine, tra cui chi scrive, 17 minori rappresentati dai genitori e 24 associazioni. Oggetto della causa è citare in giudizio lo Stato per inadempienza climatica, cioè per l’insufficiente impegno nella riduzione delle emissioni climalteranti, sancita pure da trattati internazionali a cui lo Stato stesso ha aderito.

La principale richiesta al giudice consiste nel condannare lo Stato italiano a ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 92% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, per un equo raggiungimento degli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Ci auguriamo un verdetto in linea con quello delle altre Corti europee e speriamo che la proverbiale lentezza della giustizia italiana non attenda a pronunciarlo quando il clima sarà ormai tropicale…

Tag: cambiamenti climatici, riscaldamento globale, emissioni gas serra

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