Il 24 gennaio scorso è stato presentato il Manifesto di Assisi “per un’economia a misura d’uomo, contro la crisi climatica”. Promosso dalla Fondazione Symbola, è un breve testo con obiettivi tutti condivisibili, ma molto generali. Chiede di affrontare con coraggio la sfida ambientale, che per la sua enorme portata richiede «il contributo delle migliori energie tecnologiche, istituzionali, politiche, sociali, culturali, il contributo di tutti i mondi economici e produttivi e soprattutto la partecipazione dei cittadini». Si rifà all’importante messaggio ecologico dell’enciclica “Laudato Si’” di papa Francesco. Crede nel ruolo centrale dell’Europa e dell’Italia, che in molti settori dell’economia verde è già oggi all’avanguardia nel mondo. Ritiene che la sostenibilità ambientale sia anche un elemento di sviluppo sociale e di nuove professioni, mentre condanna i mali storici del nostro Paese, come illegalità, debito pubblico ed eccesso di burocrazia, così come ne valorizza le risorse peculiari: «la sfida della crisi climatica può essere l’occasione per mettere in movimento il nostro Paese in nome di un futuro comune e migliore, più civile, più gentile».
Come non essere d’accordo? Ho firmato anch’io. Ma a quanti manifesti così ho già aderito negli ultimi trent’anni? Decine e decine. Sono serviti a qualcosa? A nulla. Il problema dei manifesti ambientali è che vengono seguiti solo da una piccola parte della società, di solito quella che era già sensibile al tema e vi si riconosce senza difficoltà. La maggior parte delle persone non li leggono nemmeno, altro che praticarli! Il problema dei manifesti ambientali è che anche chi li segue, in genere aggiunge soltanto alla propria vita o al proprio lavoro alcuni elementi di sostenibilità, qualche pennellata di verde, ma raramente abbandona le pratiche dannose, con il risultato che è come prendere una medicina (poca) continuando ad assumere il veleno (molto). Il problema dei manifesti ambientali è che a parole promettono molto, ma poi in realtà una volta che si pongono i firmatari di fronte a cambiamenti delle abitudini, a spese economiche, a prospettive di rinuncia e sia pure a qualche opportunità, che però non è immediata, questi tendono a conservare lo status precedente. Insomma, di manifesti sull’ambiente ne abbiamo visti tanti, più o meno dicono tutti la stessa cosa, ma dopo di loro il mondo non solo non è cambiato ma ha continuato sulla traiettoria della totale insostenibilità ambientale.
Forse occorre un passo più sostanziale: una presa d’atto che la situazione ora si è fatta più complessa, più pericolosa, più urgente e che per essere risolta ha bisogno di uno scatto corale di tutta l’umanità. Un po’ come durante la Seconda Guerra Mondiale, allorché tutti i cittadini delle nazioni alleate si concentrarono senza se e senza ma su un unico obbiettivo: vincere il nazifascismo. In questo caso il conflitto è fra noi e la natura e siccome sappiamo che la più forte sul lungo periodo sarà lei, abbiamo solo la possibilità smettere di combatterla e creare una nuova alleanza. Lo si fa consumando meno, inquinando meno, viaggiando meno e riciclando di più. Non ditemi che ci servono altri manifesti, lo sappiamo già tutti che o è così o sarà il collasso. Al lavoro!