Siamo reduci dalle feste e Natale è il periodo degli eccessi: nel cibo, nei regali, nei consumi. Io ho cercato di limitarmi: non ho fatto regali – ma non per questo sono una brutta persona, aderisco alla mozione Flanagin sui regali di Natale. Non la conoscete? E’ qui: www.wittgenstein.it/2015/12/11/regali-natale-no – e ho cercato di mangiare un po’ meno.
Al pranzo della suocera ho trangugiato solo 14 tartine (4 al salmone, 3 ai gamberi, 2 con lardo e frittino e via a scendere), invece delle 15 che butto giù di solito. Poi, nel breve intervallo prima dei primi, ero già con lo smartphone in mano per comunicare ai figli, sul gruppo WhatsApp di famiglia, il mio brillante successo sulla via dell’ascesi. Stavo componendo l’immagine con 14 tartine gemelle di quelle appena ingurgitate raggruppate al centro e una, quella che non ho scelto di non mangiare grazie alla mia enorme forza di volontà, leggermente più discostata. Una grande immagine di evocativa potenza.
Dopo gli scatti di prova, spostando una lampada per migliorare la qualità della luce che cadeva sul pancarrè sottostante i gamberetti, mia moglie ha rovinato tutto prelevando una tartina in alto a sinistra. Voleva mangiarsela. Ho dovuto dar luogo ad una vibrata protesta: «Ma non puoi aspettare un attimo che sto fotografando? Ma qui non c’è rispetto per la vita social». Lei ha obiettato che le tartine potevo anche fotografarle prima di mangiarle. Io le ho detto che così privava i figli di un importante messaggio dal forte valore etico.
I figli medesimi si sono molto complimentati per il buon livello di conflitto tra genitori già ad inizio del pranzo natalizio, così da confermarci per la bella famiglia disfunzionale che siamo. Poi mi hanno raccontato che c’è anche un altro tipo di sobrietà: quella digitale. Perché il mondo di internet produce il 4% della CO2 emessa sul pianeta. Il traffico aereo, per fare un confronto, ne produce il 2%. E la metà delle emissioni inquinanti del digitale viene dall’uso dei social.
Quindi quando postiamo, twittiamo, instagrammiamo una foto di cibo, un video di dubbia utilità, un commento, un cuoricino, una faccetta, un meme – a sapere cos’è di preciso un meme – emettiamo in atmosfera una quantità di gas serra più o meno uguale a quella provocata da tutti i voli che solcano i cieli del mondo. Quelli passeggeri, i cargo e gli aerei militari che decollano con i motori al massimo dal ponte di una portaerei. Io ne sono rimasto molto colpito. Loro, i figli, hanno infierito con il dato della pornografia e del Belgio: un terzo del traffico di video in rete è pornografia e genera la stessa quantità di anidride carbonica del Belgio con tutte le sue fabbriche di cioccolato, le patatine fritte e i cavoletti di Bruxelles. Ero in crisi. Mi hanno finito con un altro esempio: inviare una mail da 1 megabyte produce la stessa quantità di CO2 di una lampadina da 60 watt accesa per mezzora. Io non ci credevo. Ma è vero, parola del ministro Cingolani, che a questa battaglia tiene molto.
Io ho messo via lo smartphone – tra l’altro che bisogno c’è di postare una foto sul gruppo WhatsApp di famiglia se la famiglia è tutta qui? – e ho abbracciato la sobrietà digitale.