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Alla deriva. Il destino dei parchi nazionali

In una crisi economica senza precedenti, fra le tante criticità, vorrei segnalarne una particolarmente significativa, esempio di quanto l’ambiente sia difeso in questo paese solo a parole e certo non nei fatti. Abbiamo più volte ricordato come il turismo nei parchi nazionali sia una delle poche voci in attivo della bilancia commerciale italiana, con +16% rispetto all’anno precedente e oltre 30 milioni di presenze nelle aree protette.
È un turismo di qualità, di gente che torna e che vorrebbe ritrovare un ambiente poco contaminato e trattenersi magari più a lungo. Come si farà a convincerli che vale ancora la pena, se i parchi italiani vengono ridotti al lumicino? La dotazione ordinaria dei 23 parchi nazionali è stata da tempo tagliata quasi alla sola sussistenza, per cui ora si cerca di spremere sangue dove non ce ne è più nemmeno una goccia. I presidenti dei parchi nazionali italiani non ricevono la loro indennità da gennaio e la pubblica amministrazione intima loro di restituire addirittura quanto guadagnato nel 2010.
Per risolvere i problemi economici del paese non si azzerano i doppi ruoli pubblici (magistrati che conservano ruolo e stipendio mentre ricoprono altri incarichi ben retribuiti, e parliamo di centinaia di migliaia di euro), ma si tagliano i compensi dei presidenti di uno dei pochi settori in cui lo stato fa una bellissima figura. I parchi conservano un valore per tutti i cittadini grazie al superlavoro dei propri dipendenti e del Corpo Forestale dello Stato, portano valore economico e incrementano la qualità della vita. I presidenti dei parchi non sono presidenti di bocciofile: tra l’altro hanno la responsabilità legale degli enti e dunque il loro ruolo non può essere onorario, come il ragioniere centrale dello stato sostiene. E indovinate un po’ di che cifre astronomiche si tratta? Quale risparmio si ottiene? In media 1.500 euro netti al mese, che, messi tutti insieme, non fanno probabilmente lo stipendio mensile del ragioniere centrale.
Siamo tutti disposti a fare sacrifici ed è giusto che chi ha di più paghi di più, ma qui rasentiamo il ridicolo: un risparmio inesistente per chi si prodiga quotidianamente a proteggere i gioielli del Belpaese. Siamo oltretutto in una congiuntura particolare: molti presidenti dei parchi sono in scadenza e vanno rinnovati o sostituiti. Chi si potrà chiamare a zero euro di compenso? Chi vorrà venire, magari spostandosi da un’altra regione? Come si spera che i parchi reggano a questi attacchi continui? Poi ci si mettono le solite resistenze inculturali: al Parco Nazionale del Circeo è stato appiccato il fuoco nei pressi della residenza del presidente, tanto per far capire che aria tira. E, infine, si vorrebbe rivedere la legge 394 istitutiva dei parchi nazionali. Per migliorarla? Può darsi, ma i primi emendamenti non lasciano sperare nulla di buono. Forse sarebbe meglio chiudere i parchi nazionali e dire coerentemente addio alla protezione della natura nel nostro paese.

Mario Tozzi

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