Il consumo di bevande alcoliche nel contesto di una alimentazione sana è oggetto di dibattito scientifico: da una parte vi è chi enfatizza la sua appartenenza alla tradizionale dieta mediterranea, ed i vantaggi per la salute che ne derivano, dall’altra vi sono posizioni più restrittive che ne enfatizzano gli aumentati rischi per la salute. Le linee guida italiane edite dal Crea danno una indicazione riassuntiva e di buon senso: “Bevande alcoliche: il meno possibile”. In generale, dunque, se riusciamo a limitarne l’assunzione è preferibile. Il che non è semplice in Italia, principale produttore al mondo di vino, dove tradizioni gastronomiche ed enologiche si fondono rendendo più complicata l’applicazione della auspicabile moderazione.
Altra difficoltà è rappresentata dalla percezione di cosa sia un consumo moderato, e in merito propongo al lettore una riflessione su una frase frequentemente riportata da pazienti: “Dottore, bevo solo due dita di vino a pasto”. Due dita di vino in un comune bicchiere da tavola sono pari a circa 100 ml, il che è sostanzialmente pari a una “unità alcolica” per un vino da 13.5 gradi (per un vino da 12 gradi è 125 ml); tuttavia in una donna una unità alcolica rappresenta la quantità massima giornaliera da non superare, mentre nel maschio il limite si alza a due. Molte donne, nel riportarmi il consumo di due dita a pasto, erano certe di avere un consumo moderato, senza accorgersi che stavano consumando quasi il doppio del limite suggerito.
Dunque, nel contesto di una alimentazione sana, vi è la possibilità di un consumo moderato di bevande alcoliche; tuttavia, deve essere chiaro cosa si intenda per moderato. È utile ricordare come il consumo regolare di bevande alcoliche ne induca la tolleranza, facendo sì che lo si “regga” meglio; questo può portare a sottovalutare gli effetti di un consumo anche solo lievemente superiore al raccomandato. A tal fine le linee guida inglesi introducono una indicazione ulteriore rispetto a quelle italiane: mantenere alcuni giorni la settimana “drink-free”, ovvero senza il consumo di bevande alcoliche, quando si vuole moderare il loro consumo. Questo suggerimento ha una motivazione comportamentale, ovvero di evitare di creare una abitudine, e una motivazione fisiologica, relativa alla riduzione dell’enzima alcol deidrogenasi, responsabile della tolleranza all’alcol, che avviene quando si evita il consumo di bevande alcoliche per un certo periodo.
L’effetto delle bevande alcoliche sul sistema nervoso centrale spiega due fenomeni rilevanti quali il “binge drinking”, ovvero il consumo in abbondanti quantità al fine di ubriacarsi che si riscontra maggiormente in soggetti giovani, e la dipendenza negli adulti. Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità 2020 la dipendenza da bevande alcoliche colpisce mezzo milione di italiani; questo ci ricorda quanto la moderazione sia un auspicio non semplice né scontato da perseguire. L’astensione è una soluzione da considerare quando si capisce di non essere in grado di gestirne il consumo, mentre la moderazione rimane un possibile compromesso in un approccio che rispetti una esigenza innata del comportamento alimentare dell’uomo: la ricerca del piacere.