A Milano hanno colpito a inizio giugno, con la vernice. Negli Usa a fine maggio, a Providence, capitale del Rhode Island, con gli sturalavandini. Settantadue, di quelli belli lunghi, tutti uguali, con avvolto intorno al manico due strisce catarifrangenti e messi in fila a un metro e mezzo esatto uno dall’altro, su Fountain Street, ai bordi della pista ciclabile. «Quando c’è una pesante ostruzione, serve lo sturalavandino» ha detto ai giornali, molto soddisfatto del lavoro fatto, Jeffrey Leary, ingegnere software, 49 anni con una figlia di 9. L’ostruzione è delle auto, perché non c’è nessuna barriera tra la ciclabile e il parcheggio che la costeggia. Così le macchine finiscono per invaderla. «Non farlo più, per favore», dicono i 72 sturalavandini agli automobilisti, perché è pericoloso e perché a nessun ciclista piace pedalare a zig-zag per evitare il sedere della tua auto. E se ti sei comperato una macchinona con il didietro troppo grosso non è affar mio. L’ingegner Leary è molto contento dell’investimento in sturalavandini, un dollaro l’uno: «serve per rendere tutto più sicuro per tutti».
Nella notte milanese è comparsa magicamente una nuova pista ciclabile. Percorre il cavalcavia Bussa, quartiere Isola, ed è il completamento di quella che si interrompe di colpo con un cartello di divieto di accesso per ciclisti e pedoni. Uno stop che a molti è sempre sembrato decisamente assurdo anche per via dell’asilo infantile che c’è lì vicino. Con un’azione notturna clandestina, vernice bianca e sagome delle bici disegnate sull’asfalto, si è posto rimedio. Adesso gli automobilisti sanno di dover lasciare un po’ di spazio a bici e pedoni. Si dice, un po’ polemicamente, che chiunque abbia fatto le strisce bianche ha realizzato in una sola notte più metri di pista ciclabile di quanta ne abbia fatta in un anno il Comune. Le strisce non sono le più diritte del mondo: forse la fretta, forse prima dell’azione il commando si è soffermato davanti ad un paio di birrette. Ma il messaggio è chiaro. Si chiama Guerrilla Bike Lane, è una protesta attiva per chiedere più sicurezza per ciclisti e pedoni. Hanno cominciato negli anni settanta in Olanda, poi lo si è fatto a New York, Seattle, Toronto: sempre in velocità – tutto in una notte – per dire alle amministrazioni locali che ci stanno mettendo troppo tempo. A Città del Messico, nel 2007, quando il Comune aveva promesso di costruire 300 km di piste ciclabili in 5 anni ma aveva fatto poco, quelli di Guerrilla Bike Lane ne fecero 5 km in un solo giorno. «Abbiamo lavorato a catena. Alcuni hanno tracciato i triangoli di priorità e spazzato il suolo. Un altro gruppo ha dipinto i triangoli di verde. Uno dipingeva i dettagli e le scritte sull’asfalto. Altri hanno appeso i segnali sui pali dei lampioni, altri ancora facevano avanti e indietro per portare il materiale. Abbiamo lavorato 8 ore, dipinto 5 km e speso meno di 800 euro».
A Livorno, era il 2013, all’incrocio tra via dell’Angelo e via della Posta, dopo diversi incidenti, una Guerrilla Bike Lane territoriale ha tracciato una riga sull’asfalto e la scritta Stoppe, Stop in lingua locale. Un anno dopo è stato cancellato dal Comune e c’è stato ancora un incidente. Niente di grave, per fortuna, e subito, di notte è ricomparsa la scritta: Ari-Stoppe.