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Slow Food: L’albicocca di Galatone (Lecce)

Galàtone, un piccolo centro a pochi passi dalla riviera Jonica, in passato è stato uno dei centri agricoli più importanti della provincia di Lecce: il territorio è ricco di uliveti, vigneti, mandorleti e alberi di fico. Fino al primo dopoguerra, Galàtone era uno snodo di scambi commerciali tra agricoltori e grossisti che acquistavano e rivendevano i prodotti locali nel nord della Puglia. Tra i prodotti più apprezzati c’erano le albicocche che appartenevano a una varietà molto precoce, di piccole dimensioni, grossa quanto una noce e molto profumata, con screziature scure simili a lentiggini. “Li pitta Santo Luca” (li dipinge San Luca) dicevano gli anziani ai bambini quando chiedevano ragione della colorazione insolita. Il profumo dell’albicocca, la sua dolcezza e la sua morbidezza, tanto che quasi si liquefa in bocca, la rendevano uno dei prodotti più interessanti dell’agricoltura salentina. Ma oggi purtroppo la penalizzano: troppo delicata per la manipolazione industriale e per i viaggi sulle lunghe distanze. Come tutte le vecchie varietà frutticole, è molto longeva: l’albicocca di Galàtone produce dopo tre anni dall’impianto e continua a fruttificare ben oltre i cinquant’anni. Mentre le varietà moderne, più adatte a un’agricoltura più tecnologica, hanno una vita produttiva di circa sette/dieci anni. Esiste ancora a Galàtone un albero di ottant’anni, un vero patriarca vegetale, che piega i suoi rami carichi di frutti fino a toccare il suolo.  
Una leggenda attribuisce l’origine di questa albicocca ai Templari che la introdussero in questa zona di ritorno dai loro viaggi in Oriente. L’albicocca tradizionale fruttifica nella prima quindicina di giugno.
Negli anni c’è però stato un abbandono delle coltivazioni, specie per l’importazione di frutta e ortaggi da nord Africa e Spagna. I contadini hanno iniziato a espiantare gli albicocchi per passare alle più redditizie ulivo e vite. Così oggi rimangono pochi alberi di questa varietà, la maggior parte concentrata in due frutteti, mentre gli altri sono sparsi negli orti famigliari di Galàtone, Nardò e Seclì. Slow Food ha riunito alcuni produttori che custodiscono le ultime cinquanta piante, e grazie a un piccolo trasformatore locale che ha deciso di investire in questo progetto.
Responsabili del presidio: Luciano Erroi, tel. 339 5627110, info@allevamentoapisticodelsalento.it; Gaia Muci, tel. 328 1492261, gaiamuci@yahoo.it.  

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