Coop torna all’attacco sul fronte della tutela dei diritti dei consumatori. E lo fa sulla base di una parola chiave che è trasparenza, cioè garantendo una informazione il più possibile chiara e completa e andando ben oltre quelli che sono gli obblighi fissati dalle normative. Il tema cui quest’idea di trasparenza viene applicata è quello dell’origine delle materie prime di cui sono fatti i prodotti alimentari che acquistiamo e mangiamo. Su un apposito sito internet (www.cooporigini.it più una mail per ulteriori quesiti tmp@coopitalia.coop.it) saranno disponibili le informazioni su più di 1.000 prodotti alimentari confezionati a marchio Coop (con l’indicazione di almeno i due principali ingredienti presenti in etichetta e del paese dove è situato lo stabilimento di produzione).
La questione dell’origine delle materie prime è complessa e delicata e più che mai al centro dell’attenzione. Questo perché incrocia diversi aspetti: il primo è sicuramente quello di una crescente attenzione dei consumatori, che oltre alla trasparenza delle informazioni sono sempre più sensibili, anche a causa della crisi economica, all’italianità dei prodotti. E qui le cose iniziano a complicarsi, perché come vedremo approfondendo il discorso, in molti casi, anche prodotti tipicamente italiani (la pasta per tutti) non è detto che siano fatti con materia prima (il grano o il frumento) italiani. Perché? Le risposte possibili seguono due sentieri ben distinti. Se da un lato, come i tanti scandali tristemente ricordano, non mancano i furbetti che hanno solo in mente di guadagnare a scapito di una corretta informazione (e a volte anche del rispetto delle regole igienico sanitarie). Ma l’altro corno del problema è che in molte situazioni le materie prime made in Italy non sono sufficienti a coprire il fabbisogno. Cioè l’Italia non produce (del tutto o solo in parte) la quantità di quel prodotto necessaria per le esigenze del mercato. E, su questo secondo punto, ovviamente, è piuttosto complicato individuare “colpe” che spesso mescolano scelte politiche, ruolo dell’Unione Europea ed altri fattori.
“Questo dell’origine delle materie prime è un progetto a cui lavoriamo da anni, con rigore e determinazione – spieega il presidente di Coop Italia Marco Pedroni – Ovviamente il nostro punto di partenza è il consumatore, con le sue esigenze di avere una informazione completa e corretta. E per questo abbiamo lavorato per far sì che Coop sia, anche in questo, una casa trasparente. Ma essendo la materia complessa, non basta certo limitarsi a dire se il latte o una bistecca sono italiani o vengono dall’estero. Il problema è anche cercare di fare in modo che la gente capisca il perché. Coop da sempre privilegia, a parità di qualità e sostenibilità economica, i prodotti italiani. Il 64% dei nostri prodotti alimentari sono fatti con materie prime di origine italiana. Una percentuale che sale all’81% se si escludono prodotti (tipo caffè e cacao) per le quali la materia prima è obbligatoriamente estera perché non disponibile nel nostro paese. Ma l’informazione che spesso manca a tante persone è che, comunque per tanti altri prodotti, che pure sarebbe possibile coltivare o produrre nel nostro paese, non siamo autosufficienti”. Basti dire che in Italia produciamo solo il 38% del grano tenero di cui avremmo bisogno, col grano duro arriviamo al 65%, con le carni bovine siamo al 76%, e pure per il latte alimentare arriviamo ad appena il 44%. Ribaltando il punto di osservazione, le uniche filiere in cui siamo autosufficienti sono quelle del riso, del vino, della frutta fresca, del pomodoro e del pollo. Del resto dal 1970 ad oggi gli ettari di superficie coltivabile nel nostro paese si sono ridotti di 1/3, scendendo da 18 milioni a 13, mentre la popolazione, salita a 60 milioni, è cresciuta del 10%.
Dunque dobbiamo importare per riuscire a soddisfare le esigenze (vedi l’intervista al professor Zuppiroli nelle pagine seguenti ndr) e questa è cosa che non tanti sanno anche se poi si scandalizzano quando vedono sulla confezione un paese di provenienza diverso dall’Italia.
Una delle altre sorprese che un discorso di trasparenza si porta dietro, è quello di scoprire che anche prodotti Igp (Indicazione geografica protetta), cioè parliamo delle eccellenze gastronomiche del paese, pur se realizzati nel pieno rispetto di tutte le regole, sono fatti con materie prime non italiane. Un esempio evidente è la bresaola della Valtellina, il cui ingrediente è la fesa, un taglio di carne di manzo che è poco più del 2% dell’intero animale. Se la Valtellina offre un ambiente ottimo per la stagionatura e la lavorazione del prodotto, non ha però una quantità di bestiame sufficiente a sostenere l’intera produzione (che è di 17 mila tonnellate all’anno di cui 11 mila di prodotti Igp). E così, anche i migliori prodotti Igp, possono avere materia prima non italiana. Lo stesso dicasi per l’altrettanto celebre mortadella di Bologna, dato che i maiali da cui è ricavata può ben capitare siano col passaporto tedesco od olandese. E, anche qui, sempre parlando di una mortadella che risponde a tutti i requisiti dell’Igp.
“È importante ribadire – spiega il direttore generale di Coop Italia, Maura Latini – che nel nostro lavoro su tutti i prodotti a marchio Coop noi partiamo sempre da alcune priorità che sono la garanzia del rispetto degli standard di qualità e di scurezza, esigenze che si incrociano con il poter proporre un prezzo equo e conveniente alle famiglie. Lavoriamo su queste cose da anni, abbiamo l’85% dei nostri fornitori che è italiano, il 94% delle carni a marchio Coop è italiana, l’80% dell’ortofrutta. Abbiamo, per primi, certificato origine e tracciabilità di diverse filiere, dagli oli alle conserve di pomodoro, dalle uova al latte. Sono sforzi importanti che proseguono anche in una fase di crisi economica, perché siamo più che mai convinti che anche in un momento come questo, il percorso di garanzie sulla qualità va tutelato e anzi deve fare ulteriori passi in avanti. E di questo percorso fa parte anche questo progetto sull’origine delle materie prime che oggi mettiamo a disposizione dei consumatori e delle famiglie”.
Dario Guidi (novembre 2013)