«Siamo in grado di escludere assolutamente che i prodotti a nostro marchio o a marchio fantasia (cioè dove non compare il logo Coop) siano studiati per avere una vita breve. Questo perché scegliamo accuratamente i nostri fornitori, e prima di inserire un prodotto in assortimento, lo sottoponiamo a test qualitativi e lo valutiamo nel tempo monitorandone le difettosità».
È perentorio Marco Gaggioli, responsabile dei Post vendita per conto di Coop Italia. Si riferisce all’area del piccolo elettrodomestico, che va dai frullatori alle macchine da caffè, in cui Coop è presente con i propri protocolli commerciali. In quest’area l’indice generale di difettosità (che comprende cioè tutti marchi) oscilla tra il 2 e il 3%: un dato puramente indicativo, poiché di obsolescenza programmata è corretto parlare soltanto al termine del periodo di garanzia, cioè dai due anni in su, quando i ricambi non si trovano e ci si scontra con politiche commerciali a dir poco sospette. Sotto i due anni si parla semplicemente di difetti coperti dalle garanzie di legge o, al peggio, di “dead on arrival”, cioè di merce arrivata al cliente in cattivo stato o deteriorata. Sul rientro anticipato ai box dei beni di altri marchi, non Coop, non si può dire granché dal momento che entro i due anni i produttori devono riprenderli nei loro centri di assistenza e non divulgano volentieri i dati. Più la vita del prodotto si allunga, inoltre, più la questione relativa alla sua legittima durata si complica. Le aree interessate al rischio di obsolescenza programmata sono, oltre al piccolo e grande elettrodomestico, il multimediale, con in testa la telefonia, e là dove si vendono macchine a motore, ad esempio le frese nell’area brico o i tapis roulant nello sport.