«Fino agli anni ’80 e ’90 le donne di questa zona erano il cardine del nostro lavoro: venivano nei campi dai paesi vicini, in collina e in montagna. Hanno fatto enormi sacrifici per fare studiare i loro figli e dargli una vita diversa, e ci sono riuscite. Così c’è stato un cambio generazionale, sono arrivati ad aiutarci i lavoratori stranieri. E di nuovo, molte sono donne». Alfonso Esposito è il presidente di Terra Orti, società cooperativa che riunisce 120 piccoli produttori agricoli della Piana del Sele: il cuore della produzione campana, anche di eccellenza, che porta sugli scaffali della Coop verdure e pomodori trasformati.
In quest’area, spiega, scarseggia la manodopera esperta, capace di curare la terra e seguire adeguatamente prodotti di qualità: «Per noi la manodopera femminile è preziosa, soprattutto nella lavorazione dei prodotti delicati, nei magazzini, nella vendita. Chi lavora deve trarre vantaggio da quello che fa e la terra deve dare serenità alla donna e alla famiglia intera».
Il lavoro femminile, per lui, è un valore da coltivare, superando quella che chiama la cultura del padre-padrone: «Spesso sono le donne per prime a non sentire l’importanza del loro ruolo – spiega –, invece sono più capaci e sanno affrontare meglio i problemi. Anche grazie al progetto che stiamo facendo con Coop vogliamo far crescere la consapevolezza che la donna è il perno della nostra attività».
Una delle aziende di Terra Orti, a Eboli, è fra quelle dove si è tenuta la prima esperienza pilota di formazione del progetto Coop Close the gap, per la parità di genere, che coinvolgerà 150 donne su temi come la lotta agli stereotipi nel mondo del lavoro e della vita privata, le relazioni di potere e la prevenzione della violenza, l’identità femminile, i diritti delle lavoratrici, l’orientamento al lavoro e ai servizi sul territorio come i centri di assistenza per le donne o gli strumenti di aiuto per la cura dei figli, corsi di alfabetizzazione all’italiano, l’uso degli strumenti informatici e molto altro.
«La Campania è la prima regione in Italia per disoccupazione e inoccupazione femminile – sottolinea Michela Masucci di Differenza Donna, una delle associazioni che hanno realizzato il progetto –: trovare lavoro è molto difficile e le donne che hanno più bisogno di un reddito sono costrette ad accettare qualsiasi lavoro e retribuzione. Le donne coinvolte nella formazione con i fornitori Coop vivono una condizione di lavoro regolare, ma in quest’area è importante promuovere la consapevolezza sugli stereotipi e i pregiudizi, far comprendere come si manifestano la discriminazione sessista e la violenza di genere e a chi rivolgersi, in caso di bisogno, sul territorio». Le braccianti e le impiegate che hanno partecipato agli incontri hanno percepito, per la prima volta, che le politiche di genere non sono astratte e lontane, ma possono essere uno strumento utile e vicino ai problemi e ai bisogni quotidiani anche di chi lavora in agricoltura.
Ma come fa un’azienda agricola a competere sul mercato senza adeguarsi al ribasso, nel trattamento e nella retribuzione di chi lavora? «Offrire un prezzo equo ai produttori è la vera garanzia di un trattamento giusto anche per i lavoratori: è questo, oltre al prezzo, che si dovrebbe scrivere in etichetta – dice Esposito – Noi abbiamo molte certificazioni, cerchiamo di fare contratti e accordi per essere competitivi rispettando sempre i minimi contrattuali nelle paghe. È importante poi includere i lavoratori, anche stranieri, nella vita della comunità: nelle piccole aziende agricole tra titolare e operai si finisce per essere un’unica famiglia. Chi si sente coinvolto, degno di attenzione, cambia atteggiamento e cresce, anche sul lavoro. Noi, per esempio, stiamo aiutando i lavoratori ad acquistare qui la propria casa». Anche mettere radici fa bene.