Ponti e vacanze saltati, voli a terra, prenotazioni disdette in massa, musei, alberghi e ristoranti chiusi, treni vuoti, 420 mila convegni ed eventi cancellati o rinviati, agenzie di viaggio aperte solo al telefono o on line, per riportare a casa chi era andato all’estero, anche se era partito con il fai da te. È un panorama drammatico, quello del turismo italiano: dopo il lockdown internazionale per arginare il coronavirus, tutte le imprese del settore tra febbraio e aprile hanno dovuto fermare l’attività. Con incassi azzerati e danni incalcolabili per quello che è non solo un nutrimento per il nostro spirito, ma anche un vero motore dell’economia, della società e della cultura italiane.
La prima ciambella di salvataggio per gli organizzatori e di conseguenza per i consumatori, a marzo, sono stati i voucher: sono questo lo strumento individuato dal governo per consentire, a chi aveva già pagato vacanze poi saltate causa pandemia, di riprogrammare la vacanza nei 12 mesi successivi, senza perdere quanto già versato. Ma ora quali sono le prospettive per i viaggiatori, cosa accadrà nei prossimi mesi al mondo del turismo italiano e al suo immenso indotto?
Un settore trainante del Belpaese Il turismo è un settore chiave, nel paese più bello del mondo: rappresenta il 13% del Pil, cioè oltre 232,2 miliardi di euro di fatturato e oltre 3,5 milioni di occupati, quasi il 15% del totale. Una stima parziale, tenuto conto della miriade di attività collegate in tutta Italia: dalla ristorazione e l’enogastronomia ai servizi per godere del patrimonio storico, culturale, artistico e paesaggistico, dai trasporti alle strutture per il soggiorno e il divertimento dei viaggiatori italiani e stranieri, fino alla possibilità per le nostre imprese di essere presenti sui mercati internazionali.
Ma mentre industria e commercio, appena alzata la “serranda”, potranno tornare in qualche modo ad avere introiti, il turismo rischia di restare al palo per molti mesi, con una prospettiva di ripresa lenta e lunga. «Questo settore è stato il primo a chiudere per l’emergenza sanitaria e sarà l’ultimo a ripartire, perché ha un ciclo di produzione lungo, e una filiera interconnessa e molto articolata» dice Stefano Dall’Ara, presidente di Robintur Travel Group, il gruppo di agenzie di viaggi detenuto da Coop che opera con le insegna Robintur e Viaggi Coop.
Dall’Ara è anche vicepresidente di Fto, la Federazione del Turismo Organizzato che riunisce il mondo della distribuzione turistica: «Passano mesi da quando si organizzano i servizi – spiega – vengono confezionati i pacchetti da proporre ai consumatori, e poi questi ultimi decidono di prenotare, saldano e infine vanno in vacanza. La cosiddetta fase due, della riapertura delle attività, rischia di essere ancora più catastrofica per il settore di quello che abbiamo visto finora. Le tante aziende della filiera progressivamente riapriranno, ma con modalità di gestione nuove, continueranno ad avere uscite e quasi nessuna entrata per molto tempo, forse fino a fine anno. Si rischiano fallimenti a catena».
In fumo il 70% delle entrate del turismo organizzato Nei primi mesi di quest’anno è già andato il fumo oltre il 70% del fatturato annuo del turismo organizzato e degli eventi, che trainano tutto il comparto e hanno visto praticamente azzerate o disdette tutte le prenotazioni. Si tratta di una “pezzo” fondamentale della filiera, che ha in Italia un giro d’affari di oltre 20 miliardi di euro, 13 mila aziende e oltre 75 mila addetti, solo tenendo conto dei segmenti chiave: tour operator che organizzano viaggi in Italia e all’estero (rappresentati da Astoi), distribuzione turistica fatta da agenzie di viaggio indipendenti e grandi network internazionali (Fto), società di travel management che gestiscono i viaggi d’affari e organizzatori di eventi, meeting, fiere e congressi.
«Senza un fondo specifico di sostegno straordinario e un tavolo di crisi che possa intervenire tempestivamente nei prossimi mesi – aggiunge Dall’Ara – potrebbe saltare tutto il comparto, con pesantissimi impatti sull’economia, sull’occupazione diretta, sull’immenso indotto collegato e sul tutto il Paese. Mentre i consumatori che verrebbero privati di servizi professionali, sicuri, qualificati, proprio nel momento in cui ce ne sarà più bisogno per potere, progressivamente, tornare a viaggiare con serenità».
Tutti possiamo agire per salvare il turismo (e l’Italia) Con questo obiettivo è stato lanciato, il mese scorso, il Manifesto per il turismo italiano #ripartiamodallitalia: un’operazione senza precedenti, che chiama a raccolta le istituzioni, tutti coloro che vivono di turismo e anche i semplici cittadini e viaggiatori che vogliono esprimere il proprio sostegno e far ripartire nel prossimo futuro il settore del turismo italiano. A lanciarlo per dar voce all’intera filiera e ai consumatori sono le associazioni Astoi Confindustria Viaggi (che rappresenta il 90% del tour operating in Italia), Fto(che raccoglie il mondo della distribuzione turistica con network e agenzie indipendenti e altri segmenti del settore) e importanti operatori del comparto perfino concorrenti tra loro.
Il Manifesto (www.ripartiamodallitalia.it), che è stato sottoscritto anche da Coop Italia, invita tutti a sostenere le realtà italiane che valorizzano il nostro Paese e ci permettono di viaggiare in Italia e nel mondo, con una petizione che appoggia le richieste del comparto e si può sottoscrivere su change.org (on line su http://chng.it/Zkr2zpjRXc). Così, tutti possiamo fare la nostra parte per rispondere all’Sos del turismo italiano e intervenire per salvare questa ricchezza: a emergenza finita, poter godere del nostro immenso patrimonio turistico e sostenerlo sarà tra i contributi più grandi che potremo dare per ripartire, e per far ripartire l’Italia.