Non è un’impresa facile raccontare una Esposizione Universale. Quella di Milano men che meno, data la sua natura fortemente concettuale e il carattere “diffuso” che si riflette in una miriade di tavoli e progetti dentro e fuori le infrastrutture, prima e dopo il calendario ufficiale (dal 1° maggio al 31 ottobre). La forma del sito espositivo, tuttavia, non si discute: è quella di un pesce.
L’ingresso ovest è sulla coda.
È l’accesso principale, la porta di un’area di 1 milione di metri quadrati a nord-ovest del capoluogo lombardo (zona Rho-Pero) che sarà, per sei mesi, il centro del mondo che discute di diritto al cibo, sicurezza alimentare e accesso alle risorse.
Se immaginiamo di arrivare da questa parte, varcati i tornelli di “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita” ci imbattiamo, nelle vicinanze (in posizione dunque strategica), nella Cascina Triulza: un manufatto rurale lombardo che è stato trasformato in uno dei “pezzi” più grandi (7.900 metri quadrati) dell’immenso sito espositivo, e dedicato al settore non profit.
Più di 60 soggetti del Terzo Settore si sono riuniti in fondazione per gestire uno spazio già preesistente, che sarà tra i pochi a rimanere in eredità ai cittadini a fine manifestazione (insieme con il Palazzo Italia e il Teatro all’aperto; per il resto la destinazione dei terreni è al momento incerta).
Non era mai successo, nella storia delle esposizioni universali, che la società civile ricoprisse un ruolo di primo piano del genere. Lo conferma la presenza di 13 importanti organizzazioni non profit – da Caritas a Fairtrade, da Wwf a Save the children – oltre a tre grossi organismi internazionali quali Onu, Unione europea e Cern. Per la prima volta l’Onu non avrà un proprio padiglione ma una presenza “trasversale” in omaggio allo spirito di Expo. Uno dei primi spazi che incontriamo sul nostro cammino è il Padiglione Zero. Sarà il trampolino di lancio di temi e linguaggi di Expo. Un teatro in cui viene ricostruita la storia dell’uomo attraverso il cibo e rappresentate le soluzioni più innovative per nutrire il pianeta.
La spina dorsale del nostro “pesce Expo”, circondato da una serie di vie d’acqua, è costituita dall’arteria principale, che gli antichi romani chiamavano decumano. Un chilometro e mezzo di lunghezza, è stata ribattezzata World Avenue. All’estremità più vicina a noi è collocato l’Expo Centre, spazi per eventi al coperto, dal lato opposto, sulla testa del pesce, la Collina Mediterranea.
Padiglioni singoli o “cluster”
Il decumano e il cardo – l’asse ortogonale più corto che lo incrocia – vanno impressi bene in mente per non perdere l’orientamento.Se invece ci limitiamo a realizzarlo online, il tour risulta molto più agevole ancorché freddo: basta un clic sul sito www.expo2015.org per ritornare alla partenza…
Lungo il decumano “vero”, invece, i lavori (il cui stato di avanzamento è documentato da un drone sul web) fervono per ultimare i cosiddetti padiglioni “self built”, costruiti cioè in autonomia dai singoli paesi che si affacciano sul vialone esibendo le proprie credenziali e i “concept” prescelti per declinare il tema alimentare.
Sono 145 complessivamente i paesi partecipanti, il 94% della popolazione mondiale secondo quanto dichiarano gli organizzatori che si aspettano 20 milioni di visitatori all’evento e altri grossi numeri. Le stime del commissario unico governativo Giuseppe Sala parlano infatti di “un indotto turistico attorno a 5 miliardi di euro,. I paesi esteri partecipanti hanno investito un miliardo di euro che per il 90% andrà ad aziende italiane”. È il famoso “volano dell’economia dal quale ripartire” di cui parla spesso il premier Matteo Renzi.
Non tutti i 145 paesi, tuttavia, avevano denaro da spendere. Quelli che non ce l’hanno fatta da soli sono stati ospitati in 9 padiglioni “cluster” (in coabitazione) raggruppati su base non geografica, ma tematica, tenendo conto delle comuni colture alimentari. È questa una delle scelte più innovative: una scelta che dà rilievo o alle identità o alle filiere agroalimentari declinate su scala planetaria, invitando a dialogare paesi anche lontani tra di loro ma uniti dalle filiere del cibo. Un modo per sottolineare l’approccio a questioni decisive per il nostro futuro; a costo, forse, di avere un Expo un po’ “faticoso” per un visitatore medio.
Una parte dei padiglioni “cluster” è nel parco delle Biodiversità (un grande giardino di circa mq 14.000 nell’area nord-orientale, che riproduce la varietà della vita in un contesto mediterraneo), il resto lungo il decumano. Importante per il visitatore: c’è sempre un “cluster” come prima tappa di uno dei 5 itinerari tematici punteggiati da vie e stazioni di sosta.
La realtà aumentata conduce a Coop
Se rimane ancora difficile trovare la strada niente paura. Attraverso la geolocalizazzione e l’ampio uso del digitale chiunque sarà aiutato a raccapezzarsi sul posto.
La tecnologia, infatti, la farà da padrona nella Cittadella del XXI secolo, al punto che negli itinerari tematici ci si potrà immergere fisicamente, virtualmente, ma anche usufruendo di una fruizione aumentata, ovvero dei famosi “occhiali” che danno informazioni supplementari cammin facendo.
Tra i padiglioni tematici merita una segnalazione Food in art, un percorso artistico-culturale che svelerà il rapporto tra uomo e cibo attraverso l’esposizione e la riproduzione insieme digitale e reale dei grandi capolavori della storia dell’arte italiana.
Ma torniamo ai due assi ortogonali di riferimento. Il decumano s’incrocia con il cardo che a nord è delimitato dalla Lake Arena, un anfiteatro sull’acqua per spettacoli, a sud dall’Open Air Theatre, un grande spazio per eventi a cielo aperto. È lungo il cardo che si sviluppa la presenza dell’Italia. Proprio all’incrocio dei due assi c’è Piazza Italia, la grande piazza centrale di Expo; vicino svetta Palazzo Italia, luogo che ospita il governo con una funzione di raccordo istituzionale tra il paese ospitante e quelli partecipanti.
Vino, olio, pasta, pizza, formaggi e salumi – ovvero le categorie di eccellenza della gastronomia italiana – ci guideranno verso il maestoso Palazzo Italia, sviluppato su quattro piani anch’essi tematici.
Nell’area Sud, avvicinandosi alla pinna del “pesce Expo”, troviamo infine il “Future food district”, il distretto dell’alimentazione del futuro affidato a Coop. È la nostra meta, con il suo innovativo supermercato (che sta nascendo in collaborazione con il MIT Senseable City Lab) e il padiglione delle esperienze e conoscenze. Nel distretto del cibo si attendono 25 mila visitatori al giorno! Sarà una delle maggiori attrazioni di Expo e si distinguerà dagli altri 5 padiglioni “corporate”, cioè gestiti da aziende, per la sua impronta cooperativa.
Se a questo punto siete stanchi e volete rilassarvi, in direzione Nord sappiate che c’è il Children Park, un’area interamente dedicata ai bambini e alle famiglie. In più numerose architetture di servizio e spazi per la ristorazione sparsi qua e là.
12 marzo 2015