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Smartwatch, l’allenatore al polso

Donna che guarda lo smartwatch

Il runner lo consulta appena può piegando il gomito. L’orologio intelligente da polso che gli comunica se sta tenendo oppure no il ritmo-corsa, con touch screen e spesso il display di tipo Oled, è, probabilmente, uno smartwatch senza sim: copre da solo la metà del mercato degli indossabili (wereable). Oggi, appena il 5% dei dispositivi al braccio ha la scheda per la connessione a internet che, fino a qualche anno, faceva la differenza; seguono le “fitband” o “smartband” o “fitness tracker” (cioè i semplici braccialetti) con il 25% delle quote e un 18% che va ai dispositivi di fascia più alta.

Tabella costiTanti nomi fra loro contaminati, mille sfaccettature per questi ibridi da polso che erano, un tempo, suddivisibili per categorie e funzionalità, mentre oggi il discrimine si è assottigliato e passa anche per il design. Pur sprovvisti di sim, infatti, i quadranti dotati di microfono e altoparlante integrato, collegati via bluetooth al cellulare, consentono di rispondere e parlare in vivavoce al polso – un po’ come indossare delle cuffie superdotate di funzioni –, senza dover cercare il telefono. Di selezionare la musica e gestire i contatti rapidamente, con un solo gesto, essendo sincronizzati con le app del cellulare. Di leggere per intero messaggi e notifiche, in virtù di uno schermo più ampio rispetto a una “fitband”. 

I parametri che forniscono, sempre più trasversali, hanno a che fare con lo sport (non solo con il fitness, si arriva a più di 100 discipline riconosciute di cui alcune in automatico), ma anche con la cura della persona e della sua salute. E pure con l’autodifesa: le donne vittime di violenze e maltrattamenti (progetto Mobile Angel) possono, ad esempio, avere uno smartwatch con cui lanciare un allarme collegato con i Carabinieri.

Mi tengo monitorato Leader di mercato è Il brand cinese Amazfit che assieme a Xiaomi (Mi e Redmi) domina la piazza con il 40% circa delle vendite. I suoi prodotti sembrano orologi in tutto e per tutto eppure, come il resto della nutrita compagnia, oltre a indicare l’ora monitorano il sonno, il respiro, lo stato di stress, il ciclo mestruale, suggeriscono esercizi e calcolano mappe e percorsi, con tempi intermedi, calorie bruciate e una serie di dati interessanti per tenersi sotto controllo. A questi si è aggiunto nel periodo Covid (che ha fatto registrare un’impennata di vendite nel settore, ora in contrazione) la saturazione del sangue, ormai uno standard. Idem la misurazione del battito cardiaco: i prodotti più evoluti (da Samsung all’Applewatch) restituiscono un elettrocardiogramma riconosciuto come valido da diverse associazioni di cardiologi. 

Ma se le rilevazioni del pulsimetro circa l’andamento del cuore sono considerate attendibili oggi anche nei dispositivi più econ0mici, non altrettanto si può dire per i responsi sulla pressione sanguigna. Più si alza la gamma di prodotto, più le informazioni di tipo medico migliorano. E quelle di carattere sportivo si affinano. I cosiddetti “sportwatch” consentono di preparare dettagliatamente gli allenamenti avendo il gps che li rende indipendenti dallo smarpthone e, così, al riparo dagli imprevisti del bluetooth, che a volte può interrompersi falsando i risultati. Dedicati quasi esclusivamente agli sportivi da specialisti del calibro di Garmin e Polar, gli “sportwatch” arrivano a inglobare il riconoscimento automatico di alcuni esercizi appena impostati e ci informano, pigiando “livello di recupero giornaliero”, del momento migliore per allenarci o riposarci sul divano. E al risveglio, ovviamente, bisogna guardare di nuovo il polso per sapere com’era la qualità del sonno notturno.  

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