Non è facile come sembra l’acquisto di un piano cottura. Ce ne sono di varie tipologie (leggi soluzioni tecnologiche) e una non vale l’altra, nel senso che si porta dietro una serie di conseguenze per chi cucina che sarà bene valutare attentamente prima di procedere.
Se volessimo essere “europei” dovremmo propendere per un piano cottura a induzione: se ne vedono e “vendono” molti al di sopra delle Alpi dove l’energia, però, quasi sempre costa meno che in Italia. La tecnica di cottura è chiamata a induzione poiché “induce” una corrente all’interno della pentola attraverso la generazione di un campo magnetico.
Una prima diretta conseguenza è che bisognerà dotarsi di pentole e padelle idonee (non in alluminio ma in materiale ferroso, che è magnetico, e con il fondo piatto) o sostituire quelle che si hanno (ma se la base è in acciaio inox, all’80% funzioneranno).
Un ripiego in realtà c’è, sono i “dischi adattatori” in materiale ferroso grazie ai quali è possibile continuare ad usare tegami di valore (come quelli in ghisa per piatti a cottura lenta) senza doverli cambiare. Coop li vende con il pomolo che permette di sollevare il disco quando è caldo.
I vantaggi di un piano cottura a induzione si misurano in termini di praticità/velocità del riscaldamento e di efficienza energetica. Nessuna dispersione dovuta alla fiamma libera; il piano non si scalda inutilmente (come con i sistemi elettrico o a gas) rimanendo freddo, e il risultato è che quasi il 90% dell’energia viene trasformata in calore, contro il 50% dei modelli sopra citati. Questo alla lunga compensa il maggior costo della bolletta elettrica. Un altro vantaggio sono le posizioni di cottura pre-codificate che consentono di impostare con precisione la potenza desiderata.
Il prezzo di vendita rappresenta invece una nota dolente, dal momento che è nettamente più alto rispetto al gas, oltre 500 euro per un piano cottura a induzione di fascia media. Se si hanno bambini piccoli, inoltre, o qualcuno di poco avveduto in casa c’è da considerare il pericolo di scottarsi sulla piastra che si raffredda lentamente. Per il resto sensori e rilevatori di presenza dei tegami garantiscono la massima sicurezza.
Tirate le somme, se optate per un impianto di questa natura va da sé che il tetto dei 3 kilowatt di potenza massima assorbibile per uso domestico vada rimodulato.
Materiali vecchi e nuovi
Accanto alla sorgente di calore c’è da considerare per prima cosa l’ingombro del piano cottura a incasso, che deve “entrare” nel foro del piano cucina. Alle misure è legato il numero dei fornelli: in genere sono 3 nei piani da 38-40 cm di larghezza, 4 nei piani da 45-60 cm, 5 o 6 nei piani da 70-90 cm.
I fornelli possono differenziarsi per grandezza e potenza (con bruciatori rapidi o a corona multipla, di tipo professionale). Molto comodo, nei piani a cinque fornelli, è quello centrale, più ampio, capace di accogliere grandi padelle come il wok cinese. Tra i “plus” più richiesti la griglia (a base unica o sul singolo fornello) in ghisa: ha una maggiore resistenza alle elevate temperature rispetto all’acciaio ma è anche più costosa.
Tra i materiali, la vetroceramica scala posizioni rispetto all’acciaio inox o smaltato. La si può trovare nei piani cottura a induzione o elettrico, ma anche in quelli a gas: un materiale bello da vedere e facile da pulire. Lo svantaggio è che si può rompere con grossi urti. Tra i più interessanti e innovativi troviamo anche il cristallo temperato che scalda poco.
Conduzione del calore
Ma torniamo alle sorgenti di energia e alle tecniche di cottura. E dall’induzione passiamo alla conduzione del calore. Funzionano in questo modo i piani cottura elettrici che hanno una resistenza che cede gradi alla superficie su cui vanno posizionati i tegami. I quali devono avere il fondo perfettamente piatto per aderire e scaldare i cibi. In una variante dell’elettrico, che al posto della resistenza utilizza lampade alogene, le pentole oltre che lisce sotto devono essere anche opache in modo da assorbire e non riflettere le radiazioni infrarosse.
Infine il piano cottura di gran lunga più diffuso in Italia, cioè quello a gas. A fronte di una dispersione termica ed energetica poco rassicuranti, vanta un prezzo di acquisto e di utilizzo entrambi contenuti. Oggi quasi tutti dispongono dell’accensione automatica (con due mani o integrata nella manopola, che richiede una sola mano) e sono dotati di una valvola di sicurezza che blocca la fuoriscita del gas se la fiamma dovesse spegnersi.
Con un piano a gas non c’è il problema dei tegami che sono tutti utilizzabili, dall’acciaio all’alluminio, dal rame alla ceramica, ma ci vorrà un idraulico autorizzato per eseguire l’allacciamento.