Mangiare fuori casa, in pausa pranzo, costa sempre di più. Lo denunciano le organizzazioni dei consumatori Federconsumatori e Adusbef. Dal 2001 al 2013 il costo di un pasto è aumentato del 139% cioe’ molto piu’ del doppio nonostante un tasso medio dell’inflazione che, nella serie storica dei 13 anni in esame, non ha mai superato la media annua del 3,3%.
Nella sua ultima rilevazione l’Osservatorio Nazionale Federconsumatori ricorda come nel 2001 un pasto medio (acqua, piatto di pasta, dessert e caffè) costasse 5,53 euro mentre oggi, nonostante la crisi, servono 13,20 euro, cioè ben più del doppio, con un esborso mensile che puo’ arrivare a quasi 300 euro al mese (290,40). Stufi di essere spennati i cittadini – rileva Federconsumatori – rinunciano alla ”pausa pranzo” privatizzata e puntano sul light lunch autarchico che costa circa 3,00 euro con un risparmio del 77%.
Nell’analisi dell’escalation dei prezzi dei singoli piatti fatta dall’Osservatorio Nazionale Federconsumatori spiccano il costo dell’acqua (+227% cioe’ più di tre volte dai 52 centesimi del 2001 all’1,10 euro nel 2013), del gelato (+290% quasi 4 volte, dai 77 centesimi ai 3 euro), la pizzetta rossa (+225% dai 77 centesimi ai 2,50 euro)), il tramezzino (+199% dai 77 centesimi ai 2,30 euro), il piatto di pasta (+176% dai 2,32 euro ai 6,40), l’insalatona (+168% dai 3,36 euro ai 9). L’aspetto più pesante è che ad aumentare di più sono i piatti piu’ ”poveri” e gli alimenti piu’ necessari, come l’acqua o il gelato, quest’ultimo in queste estati di crisi spesso e’ stato il solo pasto per il lavoratore che mangia fuori casa.
22 settembre 2013 – fonte: ansa