Milano, con il ritorno del Salone del mobile, ha confermato che il settore dell’arredamento gode di ottima salute: conta 73 mila aziende, dà lavoro a 310 mila persone, fattura oltre 42 miliardi di euro ed esporta per il 50%.
Complice la ritrovata attenzione per la casa, frutto dei lockdown, il made in Italy si appresta a chiudere l’anno con risultati migliori del 2019. Le tendenze sono ben evidenziate dal recente Rapporto Coop-Nomisma, che mette ai primi posti nella motivazione d’acquisto funzionalità e prezzo. Subito dopo viene la durabilità, leva fondamentale della sostenibilità. Tradotto: si ricerca qualità che dura nel tempo, a dispetto delle mode.
Sempre nell’ultimo Rapporto Coop emerge un dato di tendenza molto interessante: ben il 60% degli italiani conta di comprare nuovi mobili nel giro di qualche anno, anche grazie ai bonus mobili e altri incentivi d’acquisto, e un intervistato su quattro dice di porre attenzione alle aziende eco-friendly e ai prodotti che utilizzano materiali di recupero, a riprova del peso che hanno questi valori da condividere con i consumatori. L’asse del consumo si sta spostando rapidamente sul verde e oggi la parola sostenibilità è un mantra che tutti ripetono. In questo panorama il rischio che ci sia una buona dose di apparenza (il cosiddetto greenwashing, lavaggio verde) esiste.
Ecco allora alcune novità che poggiano su fatti concreti, su nuovi materiali e nuove tecniche, e una mini-guida per scegliere bene.
Pet riciclato nel “sacco” di Fracchia Partiamo dal legno, vecchio come il mondo, che oggi però viene utilizzato con apposita certificazione (vedi il box), attraverso la lavorazione al laser e l’utilizzo del multistrato tagliato in sezioni sottilissime. Il che significa un impiego molto ridotto di materiale e la capacità di poterlo curvare per assumere forme morbide e molto glamour. Philippe Starck, designer tra i più noti, è sempre più un suo estimatore.
La plastica è un materiale messo fortemente in discussione salvo quando è di origine vegetale, la cosiddetta bioplastica, o comprende percentuali rilevanti di materiale di recupero, magari pescato in mare. Qui la ricerca italiana ha fatto grandi passi avanti, anche nella direzione della trasparenza del prodotto, e il mercato sembra gradire. Piace la plastica, o meglio le bottiglie di PET riciclato, che viene triturata e filata in modo da formare tappeti insospettabilmente morbidi o tessuti utilizzati per le sedute. “Con 500 bottiglie di PET riusciamo a ricoprire un divano”, è il motto di un’azienda romagnola alla recente kermesse milanese.
La plastica bio, derivata anche dalla lavorazione di piante ad uso alimentare come il mais o il riso, è pure utilizzata per dare vita a imbottiture. Ad esempio, la poltrona Sacco – quella dell’impacciato Giandomenico Fracchia alias Paolo Villaggio – riempita con chili di polistirolo, oggi è piena, nella versione in edizione limitata, di milioni di palline di bioplastica biodegradabile
e compostabile ottenuta dalla canna da zucchero.
Fondi del caffè stampati in 3d E ancora, con gli scarti della lavorazione del riso si realizzano pannelli fonoassorbenti e si sta studiando di farli diventare strutture interne per poltrone. Startup utilizzano bucce di arance per farne lampade o tessuti mentre i fondi del caffè servono per piccoli oggetti di uso pratico stampati in 3D. Il guscio di mandorle e noci diventa un composto che, senza fare uso di colle e aggreganti chimici, scatena la fantasia di giovani designer.
Interessante il cammino in solitaria di un’azienda friulana che ha deciso di fornire ai clienti un indicatore di sostenibilità dei propri prodotti: e così, a seconda del materiale usato e della possibilità di disassemblarlo a fine vita, un’etichetta avvisa che ci si trova davanti a una sedia sostenibile al 90, al 70 o magari anche al 100%.