Per usare la definizione non banale di Gianfranco Bologna, direttore scientifico di Wwf Italia, sostenibilità vuol dire soprattutto “imparare a vivere entro i limiti di un solo pianeta”. La transizione energetica verso fonti rinnovabili rappresenta, in questo senso, un passo decisivo e sebbene ad alcuni possa sembrare un’utopia, in realtà sta già avvenendo e a ritmi incoraggianti. Ecco alcuni esempi nel mondo.
Quattro regioni, nel nord della Germania, producono oggi il 46% dell’energia con l’eolico, mentre in Danimarca se ne ricava il 26%. E se negli Usa due stati prelevano dal vento un quinto del loro fabbisogno energetico, nel nord della Cina – come ha ricordato lo stesso Lester Brown – le centrali eoliche in funzione generano una quantità enorme di energia, equivalente a quella di 20 impianti nucleari e in grado di soddisfare le richieste di un paese grande come la Polonia. L’energia solare soddisfa invece nella vecchia Europa le necessità di 15 milioni di nuclei familiari, mentre quella geotermica in Kenya copre un quinto del totale.
Dobbiamo recarci In Svizzera, però, per vedere in embrione un nuovo modello di società ad altissima sostenibilità: la chiamano “Società a 2.000 watt” (2.000 watt society). Una sfida anche culturale oltre che tecnologica messa a punto dal Politecnico federale di Zurigo e in fase di sperimentazione da anni in tre città: Zurigo appunto, Ginevra e Basilea. Ad appoggiarla è lo stesso governo elvetico, “l’unico al mondo – sottolinea Marco Morosini, analista ambientale del Politecnico di Zurigo – ad aver fatto una scelta controcorrente di questo tipo confortata da un referendum”.
Attualmente nella confederazione elvetica, e in occidente più in generale, ogni persona consuma 6.000 watt mediamente di potenza (addizionando tutte le fonti energetiche). L’idea della “Società a 2.000 watt” è di far scendere i consumi energetici ai livelli degli anni Sessanta arrivando entro il 2050, ma probabilmente anche prima, a soddisfare il 75% della richiesta da fonti rinnovabili. Questa idea è già una realtà per il nuovo rifugio del Monte Rosa, a quasi 3.000 metri: 130 posti letto con acqua calda garantita tutti i giorni grazie a una architettura avveniristica, pannelli fotovoltaici e per un 10% residuo a una centralina termica alimentata con olio di colza, alla quale si affianca un impianto di recupero dell’aria viziata.
Dalla cina alla svizzera, cambiare si può
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