Le difficoltà che stiamo vivendo dipendono da fenomeni singoli che si sono succeduti e concatenati. Primo fra tutti la pandemia: oltre alle drammatiche conseguenze sulla salute e sulla vita delle persone, ne ha avute anche altre, per esempio sulla circolazione delle merci. Per la prima volta da quando, vent’anni fa, è cominciata la globalizzazione, si è interrotto il ciclo della logistica globale, a causa degli stop della produzione di beni e della movimentazione di cose e persone. Si sono fermati aerei, navi, tir e container. Ora che la produzione è ripartita ed è cresciuta la domanda mondiale, ancora arrancano i trasporti, quello marittimo in particolare, con tariffe pesantemente cresciute durante la pandemia e mai rientrate». Così, secondo l’amministratrice delegata di Coop Italia, Maura Latini, si spiega l’effetto domino che sta investendo il carrello della spesa degli italiani.
Quali sono le problematiche peculiari del trasporto marittimo? Il sistema di trasporto via mare è molto complesso: prima di prendere il largo si attende che la nave sia a pieno carico per ottimizzare i costi, e in mancanza delle merci non si parte. Si tratta di viaggi che richiedono tempi lunghi ed è oramai consueto che i container rimangano bloccati, vuoti, in un altro continente. Siamo ancora lontani dal ritmo che accompagnava gli ordini delle merci e la loro movimentazione pre-pandemia. Questa situazione è ancora più critica considerando che oramai l’Asia è il luogo di produzione di molti beni di consumo o di componentistica industriale, la cui mancata consegna può interrompere altre produzioni in altri continenti.
E in Occidente? In Europa si registrano, oltre ai rischi produttivi legati a questa situazione, anche il mancato ritorno di quei lavoratori, per lo più provenienti dai Paesi dell’Est come l’Ucraina, ma non solo, tradizionalmente impiegati nei trasporti. Dopo la pandemia le persone hanno fatto scelte diverse anche per il lavoro. Emblematica la carenza degli stagionali in agricoltura.
Con quali ricadute? I tempi di consegna delle merci sono più lunghi e non possiamo essere certi di mettere in vendita un prodotto in un preciso momento come facevamo un tempo. Come impresa di distribuzione abbiamo difficoltà a ricevere alcuni prodotti finiti: a volte può mancare una materia prima perché in ritardo, o un componente che serve all’ industria per la produzione. Per questo gli scaffali sono un po’ meno affollati e i consumatori non trovano sempre tutto quello che desiderano.
Ne risentiranno anche le filiere italiane, che Coop ha valorizzato in questi anni? In parte sì, perché se frutta, verdura e gli altri prodotti alimentari sono comunque disponibili, perché originari del nostro Paese, in Italia non produciamo tutte le materie prime necessarie per i nostri consumi interni, e inoltre potrebbero mancare i pezzi per i macchinari che servono a trasformare il cibo o per confezionarlo. La questione è molto complessa e si fa sentire l’effetto domino. Ormai, oltre quasi la metà di ciò che è richiesto dal mercato globale diverso dal cibo si produce in Asia.
Altre cause dei livelli record dell’inflazione? Il processo inflattivo è cominciato nel 2021 in seguito a una serie di eventi climatici: l’alluvione che l’estate scorsa ha afflitto l’Australia ha fatto lievitare i prezzi del grano; le gelate che hanno distrutto le piantagioni in Brasile hanno alzato i prezzi del caffè; gli incendi nel Nord America hanno condizionato il costo del legno; l’alluvione in Germania ha bloccato la circolazione dei prodotti chimici. Tutto ciò è avvenuto in seguito a eventi climatici straordinari connessi con il cambiamento in atto, quindi c’è da temere che si trascinerà nel tempo.
Poi ci sono stati i rincari dell’energia… E automaticamente l’inflazione si è ripercossa in tutti i settori, anche nel mondo agricolo. Per riscaldare le serre e gli allevamenti serve energia, per trasformare il latte in formaggio anche, così come per cuocere i biscotti e la pasta. Ma gli esempi potrebbero essere infiniti – non scordiamo i concimi: l’urea che viene utilizzata per fertilizzare i campi è un prodotto chimico di sintesi, così come i fosfati che arrivano interamente dall’estero con le difficoltà già dette. Le implicazioni derivanti dell’aumento dei costi energetici e del petrolio sono moltissime. Il conflitto in Ucraina ha chiuso il cerchio dei rincari per la carenza di prodotti come grano, molti cereali, e un elaborato importante, l’olio di girasole: beni fondamentali per l’industria alimentare italiana, che esporta in tutto il mondo.
Passiamo alla questione calda degli imballaggi… I primi segnali di crisi si sono visti durante i mesi iniziali di pandemia, per esempio con l’esplosione del commercio online durante il lockdown. Ogni volta che arriva un pacco a casa, vediamo montagne di carta e plastica. Da allora la tendenza non si è invertita e le vendite in rete hanno aggiunto richieste alla produzione mondiale di imballaggi secondari. Con i rincari dell’energia poi, essendo le cartiere fra le imprese più energivore insieme a ceramica e acciaio, i prezzi sono schizzati in alto: che si tratti di imballaggi per i prodotti che consumiamo o trasportiamo, carta igienica o tovaglioli, non fa differenza.
Il lancio dei nuovi prodotti a marchio Coop coincide con un periodo particolarmente complesso. Come stanno rispondendo i consumatori? Un contesto più difficile non si poteva immaginare, ma la risposta è positiva, perché i prodotti Coop offrono qualità, innovazione, un nuovo confezionamento e una narrazione delle caratteristiche dei prodotti che guarda al futuro e cerca di dare risposte anche alle nuove generazioni. I costi abbiamo cercato di contenerli il più possibile, ma sono saliti, seppur parzialmente, in conseguenza a tutti i rincari: restano contenuti, con un ottimo rapporto qualità-prezzo.
Cosa ci attende in autunno? Sarà una sfida riempire gli scaffali a ritmo certo come in passato: ci proveremo, ma non è da escludere che alcuni prodotti possano mancare temporaneamente. Non ci sarà da stupirsi, né da spaventarsi. È importante acquisire consapevolezza dei processi che guidano l’economia globale, i cui costi in passato sono ricaduti sui lavoratori e sull’ambiente senza che nessuno se ne facesse carico. Ora il nostro pianeta chiede pegno e risponde con il cambiamento climatico e le sue conseguenze disastrose. La filosofia del “tutto e subito e sempre”, forse, non è più attuale e se è così lo verificheremo presto. Se i consumatori capiscono i processi che portano un prodotto sullo scaffale, forse modificheranno le loro richieste, riconoscendo il giusto valore a ciò che acquistano. Infine, sarà ancora più vitale ridurre gli sprechi, consumare e acquistare con consapevolezza e sobrietà, per impattare meno sull’ambiente e sul portafoglio.