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Se il clima devasta frutta e verdura

frutta e verdura

Nel tentativo di contenere lo scontrino, c’è una voce di spesa che dovremmo cercare non solo di preservare, ma di aumentare: quella per la frutta e la verdura. Esiste infatti una relazione chiara tra quante ne mangiamo e il nostro benessere cardiovascolare. «Già da un decennio, lo studio Epic, finanziato dall’Unione Europea, ha reso noto che chi consuma più di 569 grammi di parte edibile di frutta e verdura al giorno ha un rischio di morire di malattie cardiovascolari inferiore del 15% rispetto a chi ne consuma meno di 249 grammi – spiega Roberto Della Casa, professore di Marketing e gestione dei prodotti agroalimentari nella sede di Forlì della facoltà di Economia dell’Università di Bologna –. Inoltre, ogni 200 grammi di frutta e verdura al giorno in più, il rischio di morte per malattie cardiovascolari diminuisce ben del 9%». Invece, purtroppo, i consumi di ortofrutta in Italia da vent’anni a questa parte continuano a diminuire: «Ogni punto in più di inflazione – evidenzia Claudio Mazzini, responsabile Freschissimi di Coop Italia – si traduce in mezzo punto in meno di consumi». Con effetti negativi sia sulla salute dei consumatori, sia sulla spesa sanitaria, come dimostra uno studio presentato di recente dal professor Della Casa. 

Quanti grammi a testa Nel 2022, l’acquisto pro capite di ortofrutta in Italia – riferisce l’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare (Ismea) – è stato di 126 chili, con una spesa di 313 euro: circa 345 grammi a testa al giorno, che equivalgono a una parte edibile di meno di 270 grammi (si stima che solo l’80% del peso sia consumabile). Quantitativi lontani dai 4-500 grammi considerati la porzione quotidiana ideale, da raggiungere con le famigerate e raccomandate 5 porzioni al giorno di frutta e verdura. 

Se il carrello dell’ortofrutta è sempre più leggero, si deve anche ai prezzi. Secondo l’Ismea, l’anno scorso i costi dei mezzi correnti necessari per la produzione di prodotti ortofrutticoli freschi – come energia, carburanti, fertilizzanti, sementi – hanno registrato forti incrementi su base annua (+22%). Gli effetti non si sono fatti attendere, con aumenti medi dei prezzi al dettaglio di circa il 7% . Così, mentre nel 2022 la spesa per l’ortofrutta degli italiani è arrivata a 18,4 miliardi di euro (+4,1% rispetto al 2021), i quantitativi di frutta e verdura consumati sono diminuiti a 7,4 miliardi di chili (-2,7%). Insomma, abbiamo speso di più per mangiarne di meno. Il taglio ha riguardato soprattutto uve (-6%), pomodori (-4,4%) e patate (-1,3%), mentre sono cresciuti gli acquisti di mele (+3,1%) e kiwi (+0,2%). Non va meglio quest’anno: a marzo, erano ancora in calo le quantità di ortofrutta acquistate (-3,4%), mentre la spesa è stata sostanzialmente stabile (-0,1 %).

A incidere sul costo di frutta e verdura ci si sono messe pure le gelate di marzo e inizio aprile, la siccità e poi le alluvioni che hanno sommerso a maggio l’Emilia-Romagna. In pratica, gli effetti del cambiamento climatico stanno arrivando nel carrello della spesa. «Ci saranno impatti devastanti sia sulla quantità che sulla qualità di pesche, ciliegie, albicocche – prevede Mazzini – con danni permanenti non solo ai frutti di questa stagione ma anche alle piante, quindi di lungo periodo. I prezzi saliranno e i consumi ne risentiranno». A salvare la stagione delle albicocche potrebbe essere la produzione del Sud Italia, secondo il presidente di Ismea Angelo Frascarelli: «Ma potrebbe esserci invece scarsità di pere. La siccità in inverno è un problema relativo, molto dipenderà dal clima in primavera e in estate».

100 mila decessi evitabili Che impatto ha questo calo dei consumi sulla nostra salute? Lo studio del professor Della Casa fornisce dati impressionanti. Rispetto a oggi, nel 2000 gli italiani mangiavano quasi un etto in più di frutta e verdura al giorno: 361 grammi a testa. Nel 2014 questo quantitativo era già sceso a 303 grammi al giorno: «Se si ipotizzasse un effetto cumulato sulla salute – afferma  Della Casa – teoricamente la crisi dei consumi di ortofrutticoli dal 2000 al 2014 sarebbe stata responsabile di circa 52 mila morti dovute a malattie cardiovascolari, per un impatto sulla spesa sanitaria totale di 3,4 miliardi di euro».

Proiettando questi risultati al giorno d’oggi, otto anni dopo, i numeri sono ancora più allarmanti: «Purtroppo gli ultimi dati sui consumi ci portano a un 2022 ancora peggiore, visto che i consumi sono ulteriormente diminuiti.  Se oggi fossimo arrivati a 503 grammi a testa, 200 in più del 2014, avremmo evitato ben 100 mila decessi e una spesa sanitaria di 8,9 miliardi di euro. È una sconfitta per tutto il sistema paese, dovuta anche al fatto che la filiera dell’ortofrutta non ha saputo comunicare in modo chiaro e appropriato l’importanza di questi alimenti per incoraggiare i consumi. Invece bisogna creare nuove abitudini: come è possibile che in un paese dove le arance sono un orgoglio nazionale, bere una spremuta fresca sia un fatto occasionale?». 

Tag: ortofrutta, prezzi, inflazione

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