Il mercato della frutta e della verdura biologiche continua a crescere e tanto, e sempre a due cifre: un risultato tanto più significativo per il fatto che il comparto convenzionale dell’ortofrutta non cresce e anzi, in qualche anno passato, è addirittura calato.
Ma poiché il biologico è un bene per noi consumatori, per chi coltiva e per lo stato dell’ambiente in generale, ci si interroga su come proseguire lungo questa strada e far diventare il biologico davvero un mercato di massa. Perché nonostante il trend sempre in crescita, l’ortofrutta bio è intorno al 3% del consumo totale. Insomma, margini di crescita ce ne sono ancora, anche se a luglio 2016 le vendite hanno superato i 100 milioni di euro, +17,6% rispetto al 2015. E negli altri paesi europei – come Francia e Germania soprattutto – il bio ha percentuali maggiori di vendita sul totale del mercato dell’ortofrutta.
E allora, da che parte cominciare per continuare a crescere? Per Paolo Pari di Almaverde Bio “nella grande distribuzione il biologico può fare di più: oggi spesso è presente in tutti i supermercati e ipermercati ma non viene valorizzata appieno; solo ora si sta cominciando con spazi e visibilità dedicati”.
Questa scelta di favorire l’acquisto dei prodotti bio sistemandoli in spazi visibili ed esclusivi, ha premiato la grande distribuzione e certo continuerà a premiarla, visto che ormai sul totale dell’ortofrutta senza chimica, quella venduta nella grande distribuzione rappresenta – secondo una ricerca Nomisma – il 62%, con una crescita costante di quasi 2 punti l’anno, tanto che nel 2007 era al 51%. Va aggiunto che, sempre secondo la stessa ricerca, il 43% dei consumatori di bio si serve in iper e supermercati. E dove c’è un reparto dedicato all’ortofrutta biologica il consumo cresce.
Un altro elemento che può aumentare il consumo del prodotto bio è proporre ai consumatori lo sfuso, quando invece, attualmente, viene per lo più venduto “a prezzo imposto”, cioè con frutta e verdura già pesata e confezionata. Cosa che fa anche lievitare il peso degli imballaggi, ovviamente e, probabilmente, anche gli sprechi. Insomma, piace così tanto ai consumatori, poter scegliere quanto comprare, che – come racconta Claudio Mazzini di Coop Italia, “là dove questa scelta è possibile il consumo di ortofrutta bio passa dal 5 all’8/9% del totale”.
E poi c’è il tema delle garanzie e delle certificazioni. Come si fa a essere sicuri che quello che mangiamo è davvero bio? Coop, con Vivi verde e gli altri prodotti a marchio biologici ha introdotto una linea guida specifica per tutti i fornitori di biologico che prevede una gestione dei prodotti più sistematica con controlli sui subfornitori, sia analitici che ispettivi, arrivando fino al campo o alla stalla. Si è poi scelto fin da subito di certificarsi direttamente con un ente di certificazione riconosciuto. “La filiera dell’ortofrutta – spiega Mazzini – ha l’esigenza di essere credibile perché fregature e danni avrebbero conseguenze dannose per tutto il sistema. In più il cliente medio del biologico è informato, con un titolo di studio medio-alto, molto sensibile a questi temi. I consumatori chiedono garanzie sui prodotti e la loro qualità. È perciò essenziale dare garanzie aggiuntive rispetto ai requisiti di legge relativamente ai prodotti”.
Infine c’è il problema del prezzo, che per certi prodotti biologici può arrivare anche al doppio dell’ortofrutta convenzionale. Per Mazzini sarebbe necessario uno sforzo dell’intera filiera per vedere come contenere i prezzi e allargare una platea di consumatori che – come sottolineato – è ancora piuttosto ridotta, anche se, sempre secondo Nomisma, il 74% degli italiani ha acquistato almeno una volta un prodotto biologico in un anno.
“Proprio ora che i consumi sono in crescita sarebbe possibile realizzare economie di scala e ragionare sui costi dell’intera filiera”. Ma per Paolo Pari di Almaverde “i costi del biologico continuano a essere elevati, specie con questi andamenti climatici difficili: il caldo umido di queste estati particolarmente lunghe favorisce l’attacco dei parassiti e con i disciplinari del bio è difficile combatterli. Poi la logistica incide molto di più per la frammentazione degli ordini e per la necessità di evitare lo stoccaggio. Il bio vale di più perchè si fa più fatica a farlo. Ed è giusto far arrivare ai produttori il giusto prezzo”.
Sempre più decisivo, per il consumatore, anche il tema dell’eticità del prodotto. Che non può essere disgiunta dalla sua sostenibilità ambientale. “Il biologico è nato non solo per cambiare l’agricoltura – conclude Tom Fusaro di Alce Nero – ma anche per cambiare il mondo”.