Mai una donna al Quirinale, fin dal lontano 1946. Un tabù duro a morire e anche stavolta, nonostante Emma Bonino sia, secondo i sondaggi la preferita dagli italiani, è molto probabile che neppure stavolta non sarà una donna a salire al colle. Ad oggi, infatti, sono stati tutti e solo uomini gli undici presidenti che si sono avvicendati sul colle più alto di Roma. L’unica ad esserci andata vicino è stata Nilde Jotti, nel ’92: ma poi’ fu ritirata dai suoi compagni del Pci diventato Pds, in favore di Oscar Luigi Scalfaro. Negli altri casi, per lo più, i nomi di donna sono usciti fuori dall’urna inaspettati come una boutade o un ‘memento mori’. Con una eccezione: quella di Ottavia Penna, nata Buscemi, nobildonna siciliana, monarchica e antifascista. Il suo è stato il primo e unico nome ‘rosa’ supportato con coerenza, fino alla fine, dal partito che la aveva eletta e lanciata, ovvero dal partito dell’Uomo Qualunque, nel ’46. La giovane baronessa Buscemi, una delle ventuno donne della Costituente ovviamente perse lo scontro con Enrico De Nicola (che prese l’ottanta per cento dei consensi).
Nel 1978 al primo scrutinio la democristiana Ines Boffardi, presidente dell’Azione cattolica, antiabortista, due volte sottosegretario con Andreotti, riceve un voto. All’ultimo scrutinio, catalogate alla voce ‘voti dispersi’, ci sono quattro preferenze per Camilla Cederna che aveva appena pubblicato il pamphlet che segnò la fine di Giovanni Leone, e tre per Eleonora Moro, la vedova dello statista rapito e ucciso dalle Br da nemmeno due mesi.
Nell’85 viene eletto Francesco Cossiga al primo scrutinio: il presidente ‘picconatore’ si afferma subito con 752 voti. Le schede con i voti dispersi – sempre con nomi di donna – vedono salire il consenso per la Cederna, lievitato a otto preferenze. Altre tre le cumula l’integerrima Tina Anselmi, staffetta partigiana e prima donna ministro in Italia. Dal 1981 al 1986 presiede la commissione di inchiesta sulla P2.
E arriviamo al 1992. Due giorni dopo la strage di Capaci, con il Paese sotto il ricatto della mafia e travolto da Tangentopoli, viene eletto Oscar Luigi Scalfaro, il presidente del ‘no, non ci sto’. In campo c’era anche Nilde Jotti, la prima donna italiana ad essere eletta presidente della Camera, incarico ricoperto per quasi tredici anni. Compagna di Palmiro Togliatti, partigiana, eletta nella Costituente, la Jotti – regale con il suo filo di perle e i capelli raccolti – prende 183 voti al primo scrutinio, 245 al terzo, in testa al quarto con 256. Torna avanti con 233 voti al settimo e all’ottavo. Poi viene ‘ritirata’ al nono dal suo stesso partito. Scalfaro passa al sedicesimo scrutinio con 672 voti.
Nel 1999 per la prima volta si tenta di mandare Emma Bonino al Quirinale. Ma come Cossiga, anche Carlo Azeglio Ciampi viene eletto al primo turno. L’ex dc Rosa Russo Jervolino prende sedici voti, e la radicale Emma Bonino quindici. Sono consensi spontanei, e di ‘tifoserie’ non organizzate. L’esponente radicale (oggi di nuovo in pista per il colle) conta però su un comitato di sostegno esterno al ‘Palazzo’ che ha come slogan ‘l’uomo giusto al Quirinale e che realizza la prima campagna pubblicitaria ‘presidenziale’. In base ai sondaggi, se fossero stati i cittadini ad eleggere il presidente, Bonino avrebbe avuto il 50,8% dei consensi.
Nel 2006 in tre giorni e quattro scrutini, Giorgio Napolitano è presidente. Nomi di donne sulle schede vengono usati come sfottò: tre voti sono per la principessa Maria Gabriella di Savoia. E tre voti li riceve anche la moglie di Massimo D’Alema, Linda Giuva.
(15 aprile 2013)
fonte: ansa