Da una parte un paese che ha un drammatico e urgente bisogno di risposte concrete. Con milioni di famiglie e tantissime imprese che vivono destini più che mai incerti, immerse in una navigazione a vista, tra calo dei consumi e aumento della disoccupazione.
Dall’altra parte, dopo lungo travaglio, ora c’è (almeno) un governo. Governo anomalo, nato per cause di forza maggiore ma chiamato a trovare risposte, se non sul piano di più impegnative riforme strutturali, almeno su quello delle emergenze più urgenti e socialmente rilevanti che sono il finanziamento della Cassa integrazione, la sospensione del pagamento dell’Imu sulla prima casa e l’evitare l’aumento di un altro punto dell’Iva (fissato per luglio dal governo Monti). Per far ciò serve qualche miliardo, ma l’Unione europea ha subito detto, guai se si lascia la strada del rigore conti. Ovvero se servono risorse da una parte, da qualche altra bisogna prenderle, lasciando i saldi sostanzialmente invariati e garantendo di stare sotto al fatidico 3% nel rapporto debito/Pil. Il governo una prima parziale risposta (su Imu e Cassa integrazione) l’ha già data col decreto varato lo scorso 17 maggio, ma la faticosa andatura del governo Letta, nelle sue prime settimane di vita, invitano ad andar cauti sull’esito finale.
La sfiducia nelle élite
Dunque tutti lì a guardare passo per passo, cosa succede nell’iter parlamentare e per capire se le frizioni nella insolita maggioranza (Pd, Pdl e Scelta Civica) rischiano di esplodere.
Ma nel mentre cosa pensano gli italiani e come vivono questa fase? La nascita del governo sta allentando in qualche modo la morsa del pessimismo, oppure non si vede nessuna luce in fondo al tunnel?
“Per provare a descrivere l’Italia di oggi – spiega Enzo Risso, direttore dell’istituto di ricerca Swg – credo sia meglio fare un passo indietro, nel senso che la crisi che attanaglia il paese va oltre la politica e l’economia, è una crisi che colpisce la classe dirigente nel suo insieme. Il livello di fiducia nelle élite diffuse e nella loro capacità di progettare il futuro è bassissimo. Secondo una nostra indagine, solo la categoria dei medici arriva appena alla sufficienza, ottenendo un 6 (in una scala da 1 a 10)”.
Il resto dei voti boccia tutti, dal 4 che si prendono banchieri e parlamentari, al 4,4 dei dirigenti sindacali, al 5 delle gerarchie ecclesiastiche, dei giornalisti e di professionisti come avvocati e commercialisti. Se gli imprenditori si prendono un 5,1 e i magistrati sono a 5,3, sorprende che sotto al 6 stiano pure persone attive nei movimenti civici (5,3), i responsabili di associazioni sociali e di volontariato e i personaggi del mondo della cultura (5,6).
Serve più eticità
“Molto importante – prosegue Risso – è anche vedere cosa chiedono gli italiani alla classe dirigente. La richiesta nettamente prevalente (57%) è senso morale, eticità e legalità, seguita dalla competenza e dalla concretezza (36%) e poi (col 30%) dall’avere una visione strategica e proiettata nel futuro. In più gli italiani chiedono più attenzione alle classi deboli (27%). Dunque il punto è chi oggi nel nostro paese può interpretare questa domanda”. Un quesito che rischia di restare senza risposta, anche se paradossalmente gli italiani approvano (per il 69%) il governo Letta, una scelta necessitata, anche se l’82% degli intervistati dice che questo stesso governo non durerà”.
Dunque un paese che guarda alla scena politica con disincanto, che aspetta fatti concreti, che ritiene ci sia bisogno di più onestà, più equità e di sguardo lungo. Ma che ha, soprattutto, bisogno di risposte concrete e immediate, rispetto alle tasse da pagare, ai soldi che si trova in tasca.
La crisi sarà lunga
Non a caso i pessimisti rispetto alla possibilità di uscire rapidamente dalla crisi erano il 67% a gennaio e sono diventati il 73% a fine aprile. Un 63% di intervistati ritiene che sia aumentato il disagio sociale nella zona in cui abita. Se invece si guarda all’evoluzione dal 2010 ad oggi, il numero di chi si dice povero è raddoppiato (dal 6 al 12%), il numero di chi si dice in difficoltà economica è passato dal 15 al 22%, mentre cala nettamente chi dice di vivere una situazione tranquilla (dal 35 al 25%).
Cifre certo non nuove, ma il punto è chiaro: si naviga a vista. Il governo deve camminare sul sottile crinale che unisce il rispetto nel rigore dei conti, al dare ossigeno all’economia e alle famiglie. E gli italiani guardano con disincanto e comprensibile preoccupazione a questo tentativo.
di Dario Guidi (giugno 2013)
Il Governo eviti l’aumento dell’Iva
Sette trimestri consecutivi di Pil in calo mentre per mesi le borse hanno segnato una crescita costante. Sulla difficile fase che il nostro paese sta vivendo in questo 2013, vi proponiamo in queste pagine, due contributi da diversi punti di vista: uno più teso a registrare gli umori, e l’altro teso a spiegare cosa si sta muovendo nel sistema finanziario. Ma l’urgenza sono le aspettative delle persone in carne ed ossa, di famiglie e imprese che hanno bisogno di risposte, immediate e concrete. Tra queste ci permettiamo di segnalare il rischio dell’aumento di 1 punto dell’Iva previsto per luglio. Coop è costantemente impegnata a garantire convenienza, ma questo aumento sarebbe un ulteriore colpo ai consumi e al potere d’acquisto delle famgilie, specie quelle più in difficoltà. Speriamo il Governo faccia di tutto per evitarlo.