"Serve subito un New Deal"
L'economista Laura Pennacchi: "Pensare solo ai tagli è la strada sbagliata"
"È indubitabile che la famiglia abbia funzionato da ammortizzatore sociale in questi anni di crisi. – a parlare è Laura Pennacchi, economista con un'esperienza come sottosegretario che aveva come ministro Carlo Azeglio Ciampi – è stata costretta a svolgere questo ruolo per una pluralità di fattori esterni legati alla compressione dei redditi, alla perdita e alla precarizzazione dei posti di lavoro, per la caduta dei servizi offerti dagli enti locali a causa delle ripetute manovre di finanza pubblica che hanno alla fine significato tagli e aumento delle tasse. Per non parlare del capitolo pensioni…".
Per Pennacchi in Europa e soprattutto in Italia stiamo vivendo "un paradosso inaudito, per cui dopo 30 anni di trionfo delle teorie liberiste, che chiedevano meno Stato e più mercato, con l’esplosione della crisi è successo invece che lo Stato ha dovuto salvare il mercato dal fallimento e per tutta risposta viene ora indicato come il colpevole della situazione. E così dobbiamo subire politiche di austerità insopportabili. Qui sta il paradosso inaudito che la signora Merkel ci sta facendo pagare".
Ma se questa è la fotografia dell’oggi, il prossimo futuro cosa può riservarci? "è evidente che non siamo assolutamente fuori dal tunnel. Anzi, sul piano economico e sociale, ci aspettano i mesi peggiori. Con un'economia ferma e un Pil in calo, arriveranno a regime tutti gli effetti delle manovre fatte sin qui. Cui si aggiungerà la spending review che è di fatto una ulteriore manovra di tagli".
Ma cosa bisognerebbe fare quindi? "Al mondo ci sono 57 milioni di disoccupati in più prodotti dalla crisi di questi anni. La metà di loro è in Europa. Gli investimenti sono bloccati, alle banche è arrivata una mole di denaro enorme che però non ha mai raggiunto le imprese e l’economia reale. Quel che serve è quel che si chiama un sprint pubblico, cioè politiche rigorosamente keynesiane, che non vuol dire abbandonare il rigore nei conti, ma saper distinguere il debito buono, quello che aiuta la ripresa, da quello cattivo. Il modello è un new deal, fatto di investimenti pubblici secondo lo spirito che propone il presidente Usa Obama. Negli Usa si stanno facendo scelte ben diverse, dal rigore draconiano che sin qui ha scelto l’Europa. E sia chiaro che anche il Giappone, l’Australia, la stessa Cina, si stanno ponendo il problema di sostenere la ripresa nella logica degli Usa".