Piccole modifiche strutturali possono rendere l’edificio ”dinamico” e dare, anche nelle strutture più vecchie e stravolte in epoche diverse, quell’effetto scatola che evita danni seri da terremoto. Lo si può fare, anzi lo si dovrebbe fare. Nell‘intervista tornata di attualità che facemmo al professor Giorgio Serafini, su Consumatori di ottobre 2012 (in piena ricostruzione dopo il sisma di maggio), il docente di progetti di strutture all’Università di Modena dava suggerimenti pratici soprattutto per le case in mattoni. “Su quelle in calcestruzzo quasi sempre le scosse producono piccole fessurazioni sulle tramezzature non portanti, ma nessun grosso guaio in quanto il cemento armato ha una elasticità superiore in grado di contrastare l’effetto sismico“. “Tra le case in laterizio invece – spiegava il professore – le più recenti hanno impalcati di piano che legano i muri uno all’altro il che consente loro di scaricare l’energia sismica sulle strutture portanti. Nelle case più vecchie, e più flessibili, a fronte di problemi di tenuta complessiva il mio consiglio è di inserire strutture metalliche a croce di Sant’Andrea in modo da ottenere ugualmente l’effetto scatola. E non è detto, poi, che l’intervento risulti necessario, come nel caso di travi sufficientemente lunghe e solide da appoggiare in modo stabile sui piloni garantendo così un grado sufficiente di sicurezza”.
Ma quando dobbiamo cominciare ad allarmarci? “Le crepe più preoccupanti sono quelle a forma di ics perché tendono a schiacciarsi e a far saltare pezzi di muro. Le altre, con andamento zigzagante, segnalano dei semplici distacchi sotto l’intonaco lungo i mattoni, sui quali generalmente si interviene con nuova malta per riprodurre la continuità o con altri sistemi di consolidamento delle pareti, quali reti metalliche o in polipropilene da collegare con tasselli chimici, o resine da iniettare nei punti più critici. Relativamente più costoso è il sistema cosiddetto ‘cuci e scuci’ che va a sostituire i mattoni compromessi”.
I cedimenti strutturali che si verificano durante un sisma sono dovuti, in gran parte, all’enorme quantità di peso che la struttura portante dell’edificio deve sopportare. E qui sale sul banco degli imputati anche il tetto con tutto il suo carico di tegole. Il geometra Paolo Benvenuti, che si è occupato di ristrutturazioni di abitazioni lesionate, suggerisce in che modo alleggerirlo. Nel caso da lui citato “per rendere l’edificio dinamico, capace di assorbire il sisma, abbiamo dovuto costruire un cordolo all’altezza del solaio e lo abbiamo fissato alle pareti, con tondini di acciaio e collante chimico. Poi abbiamo realizzato ex novo una struttura in acciaio per la copertura. Questo ha permesso di alleggerire il tetto usando acciaio e pannelli autoportanti ardesiati al posto delle tegole che durante il sisma diventano pericolose. Infine le travi sono state collegate tramite idonee piastre di distribuzione a un cordolo in calcestruzzo armato, in modo da scaricare il peso di tutta la struttura sulla sottostante muratura”.