Sono 12.946 i beni confiscati in Italia, di cui 11.238 immobili e 1.708 aziende. I dati, aggiornati al 7 gennaio scorso e forniti dall’Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, al centro di un forum nazionale promosso nei giorni scorsi da Libera a Roma, intitolato ‘Le mafie restituiscono il maltolto’ e al quale partecipano anche 395 associazioni non aderenti alla rete di Libera e che in Italia gestiscono beni confiscati.
Degli oltre 12mila beni confiscati il 35% del totale (pari a 3.995) sono ancora in gestione all’Agenzia nazionale, mentre il 52% (pari a 5.859) sono stati destinati e consegnati a istituzioni o enti locali per utilizzarli in proprio o assegnarli ad altre associazioni che ne garantiscano il riutilizzo sociale.
È la Sicilia la prima regione con il maggior numero di beni confiscati con 4.892 e il capoluogo, Palermo, ne conta in totale 3.243, di cui 1.581 in gestione e 1.348 consegnati. Seguono la Calabria (1.650 beni), Campania (1.571), Puglia (995), Lombardia (963) e Lazio, (503). A Roma sono 361 i beni in totale, 107 quelli in gestione, 197 quelli destinati e consegnati, per quanto riguarda le aziende confiscate alle mafie, invece, sono 1.211 (su un totale di 1.708) quelle ancora in gestione dell’Agenzia nazionale, mentre 497 sono uscite dalla gestione per essere destinate alla vendita, liquidazione o procedura di fallimento.
Pochissimi i casi di aziende affidate a cooperative costituite da lavoratori delle stesse imprese. La Sicilia con 623 aziende guida ancora la classifica; seguono la Campania, con 347 aziende, la Lombardia (223) e la Calabria, con 161. Il Lazio, con 140 aziende, è al quinto posto, seguito dalla Puglia, al sesto, con 131. Numeri che testimoniano anche della penetrazione della mafia al centro e nord Italia.
“I numeri di beni confiscati in Italia sono ancora troppo pochi – ha detto Don Ciotti di Libera – bisogna dare più strumenti alla magistratura, occorre un’agenzia nazionale più efficace e più efficiente, e non va meglio per le imprese: su 1708 confiscate solo qualcuna é sopravvissuta, invece bisogna salvare, insieme ai lavoratori, l’impresa; per questo abbiamo pensato a nuova campagna, ‘salviamo il Made in Italy’, che vede la partecipazione di alcune aziende che prendono in affidamento alcune imprese confiscate. Alla politica, invece, – ha concluso don Ciotti – chiediamo faccia servizio per il bene comune, nelle parole, nei fatti, nella concretezza“.
3 marzo 2014 – fonte: ANSA