Pasquale Stanzione, giurista (nella foto) è da alcuni mesi a capo dell’authority che sorveglia sui nostri dati personali. Dalle indicazioni sulla didattica a distanza alla difficile gestazione della app Immuni, molti sono stati i fronti su cui è stato impegnato.
Quali rischi avremmo corso, presidente, se l’autorithy garante della privacy non avesse esercitato il suo ruolo in questi mesi di pandemia? In questi mesi di pandemia, il ruolo del Garante è stato determinante nel contribuire a delineare l’equilibrio migliore tra sanità pubblica e privacy, indicando le soluzioni possibili per fruire, anche in campo sanitario, delle straordinarie opportunità offerte dalla tecnica senza, tuttavia, rinunciare alla libertà. Sulla didattica a distanza, ad esempio, sono state fornite indicazioni essenziali per presidiare questa innovazione così radicale con le garanzie necessarie alla riservatezza degli studenti (in particolare se minori), dei docenti e della stessa vita familiare, spesso “intercettata” dall’occhio elettronico del computer. Su Immuni si sono suggerite – sin dalla fase precedente la redazione della relativa norma di legge – le misure necessarie affinché questa app tracciasse i contatti, non le persone, consentendo dunque di ricostruire la filiera dei contagi senza tuttavia realizzare una sorveglianza minuta dei nostri comportamenti.
Lei invoca spesso la necessità di una maggiore “educazione digitale”. Cosa intende esattamente e da dove cominciare? L’educazione digitale presuppone l’acquisizione, da parte di tutti, della piena consapevolezza delle dinamiche del digitale, delle opportunità ma anche dei rischi cui esso ci espone. È necessario che ciascuno – soprattutto, ma non solo, i ragazzi – si renda parte attiva della difesa di se stesso dalle “servitù volontarie” cui altrimenti può condannarci l’utilizzo inconsapevole delle nuove tecnologie. Imparare a proteggere i propri dati è, in questo senso, il primo e fondamentale passo nella giusta direzione.
Nei comportamenti quotidiani quali sono gli errori più comuni che mettono a repentaglio i nostri dati personali? Ciò che pregiudica la possibilità di governo dei nostri dati è, anzitutto, la loro indiscriminata diffusione (in particolare sul web), che consegna a qualunque ignoto utente della rete parti, spesso delicatissime, del nostro vissuto di cui, in tal modo, perdiamo le tracce. Parimenti pregiudizievole è la tendenza a rilasciare con troppa leggerezza il consenso al trattamento dei nostri dati in cambio di utilità le più varie, non comprendendo che, nella società digitale, quanto ci appare gratuito è, in realtà, offerto al prezzo inestimabile della nostra libertà, racchiusa in frammenti preziosissimi quali sono i nostri dati.
Che sfide ci attendono nel futuro prossimo? Innumerevoli sono le sfide con cui il diritto alla privacy dovrà misurarsi, nel prossimo futuro. Limitandoci ad alcuni esempi, possiamo indicare il rischio, appunto, della monetizzazione dei dati, ovvero della tendenza a rilasciare consensi al trattamento in cambio di servizi, utilità o addirittura compensi monetari, così cedendo, con i nostri dati, quote sempre più rilevanti di libertà. Importante è anche la tutela della persona rispetto alle nuove vulnerabilità ingenerate dall’intelligenza artificiale, di cui vanno impediti i potenziali effetti discriminatori. Ma, in via preliminare, va promossa la consapevolezza del valore dei nostri dati e dell’importanza di proteggerli. Solo così ciascuno di noi potrà rendersi artefice della propria libertà senza rinunciare ai preziosi vantaggi offerti dalla tecnologia.