“A noi che siamo cooperatori piace essere ottimisti, ma, visto che bisogna partire dai dati reali, non vediamo alcun fondamento razionale nelle parole di chi esprime ottimismo rispetto alla situazione dell’economia e delle famiglie italiane. Siamo un paese in recessione e le nostre previsioni dicono che non c’è nessuna ripresa alle porte. Anzi, anche per il 2014, riteniamo ci sarà un calo ulteriore dei consumi sia alimentari che non alimentari. Se per l’alimentare ipotizziamo un -0,5%, per il non food il dato è del -6,1%. Considerato che veniamo da 5 anni di segni meno è chiaro che di luci in fondo al tunnel non se ne vedono”. Marco Pedroni, da pochi mesi presidente di Coop Italia, accompagna i dati contenuti nel rapporto Coop su Consumi e distribuzione, con un’analisi che è tanto netta quanto chiara. E decisamente in controtendenza rispetto a chi vede avvicinarsi una fase di ripresa per il paese.
“Bisogna che tutti, la politica in primo luogo, ma anche il mondo delle imprese, guardino ai fondamentali, alla condizione delle famiglie. Per questo voglio essere netto: io mi auguro che il governo del presidente Letta possa proseguire il suo lavoro, ritengo che una crisi di governo sarebbe stata un danno per il paese, ma altrettanto chiaramente dico che sin qui le politiche per la ripresa sono state del tutto insufficienti. E aggiungo che pensare di agganciare la ripresa solo grazie all’estero e all’export è una illusione. O si rilanciano i consumi interni oppure è impensabile portare il paese fuori dalle secche. Serve una politica di sostegno alla domanda interna che metta soldi nelle tasche delle famiglie. Dunque non solo l’aumento dell’Iva è stato un errore grave, ma servono politiche attive a favore dei ceti più deboli e delle classi medie. Credo servano politiche keynesiane, fondate su investimenti pubblici e misure di redistribuzione del reddito, utilizzando la leva fiscale. Le imprese hanno bisogno di domanda dei loro beni, di gente che sia in grado di comprare. Solo così si rimette in moto un circolo virtuoso”.
L’appello di Pedroni è dunque preciso ed esplicito. Viene da una catena come Coop che è leader in Italia con 13 miliardi e 150 milioni di vendite (pari a una quota del 18,5% del mercato), con oltre 55 mila dipendenti e poco meno di 8 milioni di soci che ogni giorno entrano in 1.467 punti vendita e viene da un rilevamento quotidiano dei comportamenti dei consumatori.
Dunque, anche se Coop nel 2013 va meglio della media del mercato (specie negli Ipermercati), i segni meno sono consistenti, con un meno 1% nel food e un meno 6,1% nel non food. Anche l’analisi Coop conferma un sud del paese dove le cose vanno decisamente peggio, con un calo dei consumi che è doppio rispetto alla media nazionale (-3,38% contro il -1,6%).
Pedroni poi, assieme ad elementi che vanno valutati positivamente quali la maggiore attenzione e consapevolezza dei consumatori nel decidere gli acquisti uniti a un impegno per ridurre gli sprechi, giudica però con preoccupazione il fatto che per la prima volta, nei segmenti di popolazione più esposti alla crisi, si evidenziano segnali di disponibilità a rinunciare alla qualità dei prodotti per puntare solo sulla convenienza. “È una tendenza che contrasteremo, perché rinunciare alla qualità sarebbe per noi una regressione per tutti, un passo indietro rispetto a conquiste e comportamenti costruiti nel tempo. E, almeno come Coop, abbiamo uno strumento straordinario, per offrire ai consumatori una risposta che tiene insieme proprio convenienza e qualità, ed è il nostro prodotto a marchio che è cresciuto tantissimo e che ormai rappresenta un 27% delle nostre vendite complessive. Su questo siamo decisamente superiori a un mercato dove, anche nelle catene nostre concorrenti, le private label rappresentano il 16-17%”.
Ma se i segni meno nella fotografia riguardante il 2013 non sono certo una sorpresa, l’analisi che Coop propone sui prossimi mesi e sul 2014, assume un peso ancor più importante, proprio a partire dal fatto che non coincide con chi parla di uscita dal tunnel. E oltre alle già citate previsioni di consumi ancora in evidente calo, si aggiungono i dati sulle pressioni inflazionistiche sulle materie prime. Con l’incognita della possibile guerra in Siria e comunque sotto la spinta della domanda dei paesi emergenti, Coop calcola richieste di aumento sui listini 2014 pari al 4% che riguarderà cereali, latticini, petrolio e costi degli imballi.
“Nella fase di trattativa con le industrie, come sempre avvenuto – spiega Pedroni – contiamo di riuscire a ridurre questa spinta inflazionistica al di sotto del 2%. Ma comunque è un elemento di cui tener conto, anche se come Coop continueremo a fare il massimo per contenere i prezzi. Se si guarda alla serie storica dal 2000 ad oggi, ad una variazione media di prezzi rilevata dall’Istat del +2,4%, quella nei nostri punti vendita è stata dell’1,5%, cioè quasi un punto in meno all’anno”.
Pedroni chiude poi il suo ragionamento ritornando al dato di fondo e cioè all’esigenza di una azione comune per il rilancio dei consumi, con una riflessione sul ruolo dell’industria e sul suo rapporto con la distribuzione. “In Italia credo ci sia da aprire un tavolo di confronto con l’industria alimentare. È una cosa che noi vogliamo stimolare e fare insieme. Come Coop e più in generale il mondo della distribuzione abbiamo lavorato per contenere i prezzi stando dalla parte delle famiglie: bisogna che altrettanto faccia l’industria che sin qui ha invece messo al primo posto la difesa della propria redditività. Questo spiega anche perché mentre le vendite delle grandi marche sono in calo, continua la crescita delle private label, come il caso del prodotto Coop dimostra”.
Per questo Pedroni e Coop propongono di aprire un confronto che provi a costruire risposte di sistema: “Un confronto che deve partire dalle esigenze delle famiglie e che deve essere basato sulla definizione di prezzi equi che, pur remunerando gli attori della filiera, corrispondano al bisogno di risparmio dei clienti. In più si può lavorare su un decongestionamento delle promozioni, e sulla definizione di una soglia di garanzia e sicurezza dei prodotti, rispetto a scorciatoie che portano a ridurre, assieme ai prezzi, anche la qualità. Se vogliamo far ripartire i consumi, certo abbiamo bisogno di scelte politiche, di riforme, di una azione di governo che sia coerente e incisiva, ma anche come soggetti del mondo economico dobbiamo essere pronti a fare la nostra parte e questa riflessione che proponiamo di aprire col mondo dell’industria vuole andare proprio in questa direzione”.
Dario Guidi (Ottobre 2013)