Offertona imperdibile o specchietto per le allodole? Spesso, andando a caccia di sconti, ci siamo persi in una giungla di prezzi e ne siamo usciti con il dubbio, se non la certezza, che la preda siamo stati noi, caduti nella trappola di proposte allettanti ma in realtà ben poco vantaggiose. Per fare chiarezza, avrà efficacia dal prossimo primo luglio la nuova normativa sugli annunci di riduzioni di prezzo: il decreto legislativo 26/2023, pubblicato a fine marzo, recepisce le ultime direttive Ue in materia, che puntano a una migliore applicazione e una modernizzazione delle norme dell’Unione per la protezione dei consumatori.
«La disposizione – spiega Paola Cavallo, responsabile dell’Ufficio legale di Ancc-Coop – introduce l’obbligo per ogni esercente di indicare, per ogni annuncio di riduzione, quale fosse il prezzo precedente. Cioè il prezzo più basso applicato alla generalità dei consumatori, nei trenta giorni prima dell’applicazione della riduzione del prezzo». Dovrebbe così venire meno il più classico dei trucchetti usati da chi vuol allettare i consumatori con sconti ingannevoli: alzare il prezzo per poi annunciare di averlo ridotto, e in generale strombazzare riduzioni strepitose su prezzi precedenti del tutto irreali. Ora, per ogni prodotto, bisognerà indicare appunto il prezzo più basso praticato nell’ultimo mese e, su quello, praticare lo sconto.
Una regola, tante eccezioni Come e dove potremo trovare queste informazioni? In negozio il prezzo “di partenza” deve sempre essere esposto, insieme a sconto e prezzo finale, mentre in caso di pubblicità collettiva e di comunicazioni generali di riduzione di prezzo relative a più punti vendita della stessa società (ad esempio quelli che troviamo su cartelloni o volantini), l’indicazione del prezzo precedente è facoltativa, basta indicare solo quello finale già scontato o la sola percentuale di sconto.
«Si tratta di una disposizione – evidenzia Maria Pia Piraccini, responsabile dell’Ufficio legale di Coop Italia – che tiene conto della possibilità che, in negozi diversi della stessa catena, per gli stessi prodotti ci siano prezzi di partenza diversi ai quali viene applicato lo sconto. Si vuole così evitare che la comunicazione generale indichi un prezzo precedente differente da quello praticato nei vari punti vendita, dando quindi informazioni fuorvianti e poco chiare ai consumatori».
In generale, sono oggetto della nuova disciplina tutti gli annunci – in qualsiasi canale di distribuzione, fisico o online – che diano l’impressione ai consumatori di trovarsi di fronte a una diminuzione del prezzo di un determinato bene in un certo lasso di tempo, rispetto a quello precedentemente applicato alla generalità dei clienti. Non si applica dunque ad affermazioni generiche che alludono a una convenienza continuativa, come dichiarare “prezzi bassi” o “da noi la migliore convenienza”.
Le nuove norme valgono invece, ad esempio, in occasione dei saldi e anche su prodotti digitali come un giornale online o un abbonamento a una piattaforma in streaming. Semplice? Non del tutto, visto che i prezzi e le relative riduzioni possono riguardare prodotti molto diversi tra loro o venduti in situazioni particolari, che non sempre rendono applicabile questa regola tout court.
«La nuova normativa – sottolinea Paola Cavallo – punta a garantire la massima trasparenza a vantaggio dei consumatori, ma pone anche dei problemi e potrebbe determinare, paradossalmente, un calo delle promozioni». Ad esempio, se il prezzo su cui applicare lo sconto, in caso di annunci di riduzione, è sempre quello più basso negli ultimi 30 giorni, difficilmente si potranno ripetere forti sconti nell’arco dello stesso mese. Anche per questo sono previste diverse eccezioni.
Occhio al (vero) prezzo Cosa succede ad esempio nel caso di un prodotto nuovo, appena immesso sul mercato, che abbia meno di 30 giorni di “vita” in commercio? La nuova regola è valida, ma adattata: se annuncia uno sconto, il venditore dovrà indicare il periodo di tempo a cui il prezzo precedente fa riferimento. Nel caso si tratti di una nuova versione dello stesso prodotto – ad esempio, l’ultimo tipo di una certa lavatrice -, invece, non sarà necessario indicare quello dei vecchi modelli. La normativa non vale neppure per i cosiddetti “prezzi di lancio” di prodotti venduti per la prima volta, ossia con prezzi particolarmente vantaggiosi applicati per supportarne l’uscita, specificando o lasciando intendere che il prezzo normale applicato in futuro subirà aumenti. C’è poi il caso degli sconti crescenti: se magari (come tipicamente accade nel caso dei saldi o di liquidazioni), il commerciante nel corso della stessa campagna di vendita applica via via uno sconto sempre più forte su un certo prodotto, il prezzo precedente da indicare resta sempre quello su cui si era basata la prima riduzione di prezzo.
Sono escluse dalla normativa, invece, le vendite sottocosto (si veda il vocabolario in apertura di questo servizio): in questo caso non solo non dovrà essere indicato il prezzo precedente, ma il prezzo di vendita al pubblico sottocosto, a sua volta, non concorrerà in seguito a determinare il prezzo su cui calcolare lo sconto nelle successive campagne promozionali. Infatti, le vendite sottocosto sono già sottoposte a una normativa speciale che ne regolamenta il numero massimo e le modalità. E comunque, in questi casi, la reale convenienza è garantita dal fatto che, per definizione, il prodotto è venduto a un prezzo inferiore a quello di acquisto da parte del venditore.
Prodotti freschi, un caso a parteTra i prodotti esclusi da questo meccanismo ci sono anche i beni deperibili, indicati dalla normativa in materia di pratiche commerciali sleali. Si tratta in particolare di quei prodotti agricoli e alimentari che per la loro natura o in fase di trasformazione potrebbero scadere entro 30 giorni dalla raccolta o dalla produzione; alcuni prodotti a base di carne; i preconfezionati che riportano una data di scadenza o un termine minimo di conservazione non superiore a 60 giorni; quelli sfusi, anche se protetti da un involucro protettivo o refrigerati, se non sono stati sottoposti a trattamenti che ne aumentino la durata a oltre 60 giorni; tutti i tipi di latte.
Sempre in fatto di eccezioni, non sono comprese nella nuova normativa altre iniziative commerciali diverse dallo sconto vero e proprio: la pubblicità comparativa con i prezzi praticati dai concorrenti (regolata da norme apposite), le operazioni a premio, i programmi fedeltà, le promozioni che offrono buoni per successivi acquisti a chi ha già comprato certi prodotti, gli sconti abbinati per chi acquista due o più prodotti insieme. Sono escluse, ancora, le cosiddette promozioni ad personam, come ad esempio lo sconto per il compleanno di un consumatore.
Multe senza sconti Gli esercenti che non si adegueranno a queste indicazioni rischiano multe da 516 a 3.100 euro, che variano in base a natura, gravità, entità e durata della violazione, al fatto se si sia attivato per attenuare il danno subito dai consumatori o per porvi rimedio, che abbia o meno commesso violazioni ai danni dei consumatori in precedenza, anche all’estero, ai benefici che ne ha ricavato (impropriamente). Chi dovesse accorgersi che la legge non è rispettata, può rivolgersi al proprio Comune, chiamato a vigilare: le multe dovrebbero essere applicate dalla polizia municipale.
Mentre questo numero di Consumatori va in stampa, però, restano diversi dubbi: il ministero delle Imprese e del Made in Italy sta fornendo al mondo del commercio gli ultimi chiarimenti di dettaglio su come applicare in pratica la nuova normativa, di cui daremo conto nei prossimi numeri del giornale.