Quasi una impresa agricola italiana su tre è nata negli ultimi dieci anni a dimostrazione di un profondo processo di rinnovamento che si è verificato nell’agricoltura italiana, dove il 10 per cento dei conduttori ha meno di 40 anni, il 45,3 per cento è diplomato e l’11,2 per cento ha una laurea, tra gli imprenditori agricoli 25-40enni. E’ quanto emerge da una analisi Coldiretti.
Oggi in quasi un caso su dieci i giovani imprenditori scelgono proprio il settore agricolo per avviare una attività. In Italia ci sono quasi 59mila le imprese agricole condotte da giovani “under 35” iscritte alla Camere di commercio di cui circa il 70 per cento – continua la Coldiretti – opera in attività multifunzionali: dall’agriturismo alle fattorie didattiche, dalla vendita diretta dei prodotti tipici e del vino alla trasformazione aziendale del latte in formaggio, dell’uva in vino, delle olive in olio, ma anche pane, birra, salumi, gelati e addirittura cosmetici. Per trasformare il desiderio di diventare agricoltore in realtà la Coldiretti ha presentato il vademecum su “Come aprire una azienda agricola” per rispondere alla domanda di campagna delle giovani generazioni. Per far nascere un’impresa è prima di tutto prioritario – ha sottolineato la Coldiretti – avere un “idea” intorno alla quale sviluppare un progetto senza fermarsi alla semplice visione bucolica. Non accontentarsi delle ipotesi piu’ tradizionali, ma considerare l’ampio spettro di opportunità offerte dal settore che ha esteso le sue competenze dalla produzione alla trasformazione e vendita di prodotti alimentari. E ancora – ha precisato la Coldiretti – dalle agroenergie fino all’offerta di servizi alle scuole come le fattorie didattiche, ma anche alle pubbliche amministrazioni per la cura del verde.
Dall’indagine Coldiretti emerge anche che piu’ di tre giovani sotto i 40 anni su quattro (77 per cento) una volta trovato il lavoro pensano di cambiarlo perché sono scontenti. Infatti, il 38 per cento dei giovani italiani oggi preferirebbe gestire un agriturismo piuttosto che lavorare in una multinazionale (28 per cento) o fare l’impiegato in banca (26 per cento). “Oggi si registra dunque un profondo cambiamento rispetto al passato, quando la vita in campagna era considerata spesso sinonimo di arretratezza e ritardo culturale nei confronti di quella in città”, ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini nel sottolineare che “si tratta di una vera rivoluzione culturale con il contatto con la natura ed i suoi prodotti che è diventato premiante rispetto all’impegno negli strumenti finanziari di un istituto di credito o nei prodotti fortemente pubblicizzati di una grande multinazionale”. Dalla maestra che rinuncia al posto fisso per diventare “agriartista” all’operatore di borsa che molla la finanza per dedicarsi alle agricolonie, da chi abbandona lo studio dentistico per dedicarsi al soccorso antifrane a chi dice addio alla promettente carriera da grafica editoriale per produrre “agricosmetici”, fino all’informatico che dimentica i computer per allevare capre ed aprire un agriturismo e all’avvocato che appende al chiodo la toga e va in campagna a produrre manna. Sono solo alcune delle fortunate storie di tanti giovani che hanno deciso con coraggio ed un pizzico di ottimismo di mollare i precedenti lavori e dedicarsi con entusiasmo all’agricoltura.
8 luglio 2013 – fonte Coldiretti